La Commissione Scalia
E' una commissione parlamentare
(bicamerale) d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite
ad esso connesse che il 29 aprile 1999 approva all’unanimità un
documento sulla “strategie d’intervento per la disattivazione degli
impianti nucleari e per la sistemazione dei rifiuti radioattivi".
La commissione prende il nome dal relatore e presidente Massimo Scalia
Un documento unico questo prodotto dalla commissione d'inchiesta
presieduta da Massimo Scalia. Per la prima volta viene tracciato un
quadro completo e dettagliato delle scorie radioattive presenti nel
nostro paese. Le censisce, ne spiega la pericolosità, dà conto
dell'attività di studio e ricerca compiuta dai commissari, propone come
risolvere il problema. Bisogna individuare e costruire un apposito
"sito" che abbia appunto lo scopo di raccogliere e rendere inoffensivi
questi materiali. Materiali che provengono dalle centrali nucleari
chiuse dopo il referendum del 1987 (Latina, Caorso, Trino Vercellese),
ma anche da attività di studio e ricerca. Per individuare, costruire e
gestire il sito la commissione di Scalia (è stato lo stesso presidente a
svolgere funzioni di relatore per questa indagine) propone la
costituzione di un'apposita agenzia, l'Agenzia nazionale per la gestione
dei rifiuti radioattivi (ANGERIR), che dovrà, appunto, "realizzare e
gestire il sito o i siti nazionali per lo smaltimento dei rifiuti
radioattivi a media e bassa attività da chiunque prodotti o detenuti,
ivi compresi quelli provenienti dallo smantellamento degli impianti"
nucleari dismessi. La commissione propone, per la costituzione
dell'Agenzia, un testo di 18 articoli che ne prevede nel dettaglio
compiti e poteri. I tempi sono lunghi. [1]
(segue ora una breve e
sintetica raccolta di importanti passi del documento. Le parti in
evidenza meritano una attenta lettura)
[2]
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Sintesi sullo
svolgimento dei lavori e Premessa
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Sintesi dei punti salienti del
documento
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Indice di tutto il documento
B. Sintesi dei punti salienti del documento
1.1) La classificazione dei rifiuti radioattivi
[...] La classificazione, cui
per semplicità si fa riferimento nel testo, va guardata secondo gli
orizzonti temporali nei quali avviene il decadimento degli elementi
radioattivi.
Prima categoria, o rifiuti a bassissima radioattività: in questa
categoria sono classificati i rifiuti la cui radioattività decade in un
tempo massimo di qualche anno a livelli di radioattività di qualche
disintegrazione per secondo (Bequerel, Bq) per grammo (Bq/g) e
soddisfano le condizioni poste nel decreto legislativo 17 marzo 1995, n.
230. Quando raggiungono tale condizione, questi rifiuti possono essere
smaltiti come rifiuti convenzionali, secondo il decreto legislativo 22
del 1997.
Seconda categoria, o rifiuti a bassa e media radioattività: sono
compresi in questa categoria i rifiuti la cui radioattività decade entro
alcune centinaia di anni alla concentrazione totale dell'ordine di
alcune centinaia di Bq/g. Per concentrazione totale si intende la somma
delle concentrazioni di radioattività dovute a tutti gli elementi
radioattivi presenti nel rifiuto.
Terza categoria, o rifiuti ad alta attività e/o lunga vita media: tutti
i rifiuti non ricompresi nelle prime due categorie. I tempi per i quali
la radioattività permane a livelli radiologicamente significativi sono
dell'ordine sino alle centinaia di migliaia di anni. In tale categoria
ricade il combustibile nucleare irraggiato (o esaurito), cioè il
combustibile già impiegato nelle centrali nucleari, i rifiuti ad alta
attività vetrificati provenienti dalle operazioni di riprocessamento del
combustibile ed i rifiuti che contengono elementi radioattivi a vita
lunga e lunghissima in concentrazioni superiori a quelle ammesse per la
II categoria.
In termini di volume di rifiuti, la II categoria costituisce oggi
circa il 68 per cento del totale (inclusa la I categoria) ma, in termini
di radioattività totale, solo il 10 per cento circa. La III categoria
costituisce dopo il condizionamento solo il 2-5 per cento del volume
totale, ma include circa il 90 per cento della radioattività totale.
La rimanente quota di circa il 30 per cento in volume è costituita da
rifiuti della I categoria, la cui radioattività rispetto al totale è una
parte trascurabile. [...]
1.6) Il deposito ad interim per i rifiuti di III categoria.
Il deposito temporaneo per la III categoria può essere di tre tipi: per
il solo combustibile irraggiato, per i rifiuti ad alta attività
vetrificati provenienti dal riprocessamento del combustibile irraggiato,
per entrambe le tipologie di rifiuto.
Esempi di depositi temporanei del solo combustibile irraggiato esistono
in diversi Paesi: Francia, Germania, Regno Unito, Giappone, Svezia,
Finlandia. Esempi di depositi ad interim per i soli rifiuti vetrificati
ad alta attività sono riscontrabili in Francia, Regno Unito, Russia e
Giappone.
Depositi ad interim misti, tipologia di grande interesse per il nostro
Paese che ha entrambe le tipologie di rifiuti, sono riscontrabili in
Belgio, Svizzera, Olanda e Germania.
La strategia tradizionale di gestione del combustibile irraggiato ne
prevedeva il «riprocessamento» che, per quanto riguarda il nostro Paese,
veniva effettuato negli impianti della BNFL nel Regno Unito.
Per riprocessamento si intende la separazione, attraverso un processo
industriale lungo, complesso e costoso, dei diversi elementi che
costituiscono il combustibile irraggiato: i prodotti della fissione, che
sono i «rifiuti» veri e propri, la quota residua di uranio fissile
(uranio-235, il combustibile vero e proprio), l'uranio-238 o uranio
cosiddetto «naturale» ed il plutonio. Per le tipologie di combustibile
impiegato in Italia, in termini di volume, l'uranio naturale costituisce
oltre il 95 per cento del totale, mentre in termini di radioattività il
99 per cento è costituito dalle scorie vere e proprie e cioè dai
prodotti della fissione dell'uranio fissile.
Uno degli obiettivi principali del riprocessamento del combustibile
irraggiato è il recupero del plutonio, elemento che non esiste in natura
e che si produce nei reattori nucleari per trasmutazione dell'uranio
naturale. Si tratta, com'è noto, di un elemento fondamentale per gli usi
di tipo militare. Sia per il fallimento della filiera dei reattori «autofertilizzanti»,
che usano il plutonio come combustibile, sia per lo smantellamento delle
testate atomiche, lo stock esistente di plutonio rappresenta ancor più
oggi un problema per la proliferazione atomica.
Inoltre, il riprocessamento implica comunque un certo rilascio di
radioattività nell'aria e nell'acqua, implica il trasporto del
combustibile ed il ritorno dei rifiuti condizionati nei Paesi di origine
nonché l'aumento dei volumi di rifiuti nucleari da gestire. L'estrazione
del plutonio, inoltre, richiede un regime di sorveglianza ed una
difficile contabilità, che garantisca la massima sicurezza rispetto a
sottrazioni indebite di tale pericoloso elemento.
Per tale complesso di ragioni, a livello internazionale si è andata
affiancando, alla gestione più tradizionale del combustibile irraggiato
con il riprocessamento, anche una diversa gestione che prevede la
sistemazione idonea del combustibile irraggiato senza riprocessamento,
in depositi specificatamente progettati (stoccaggio a secco ed a
raffreddamento passivo).
La scelta di non riprocessare il combustibile irraggiato è stata
l'obiettivo di un'iniziativa della sezione italiana dell'associazione
internazionale Greenpeace presso la centrale nucleare di Caorso
nell'estate 1996, che aveva proprio lo scopo di fermare le prime prove
di trasporto verso il Regno Unito delle barre di combustibile irraggiato
ancora presenti nelle piscine del reattore. La richiesta dello
stoccaggio a secco del combustibile irraggiato veniva peraltro accolta
dall'ENEL, che ne aveva già previsto la possibilità.
1.7) Il sito geologico profondo.
Per quanto riguarda lo
smaltimento dei rifiuti nucleari in formazioni geologiche profonde,
anche se esiste in ambito tecnico-scientifico internazionale un generale
consenso sul fatto che tale opzione è da considerarsi perseguibile e
sicura, attualmente esso è ancora in una base di studi e ricerche.
Infatti, anche quei Paesi che hanno notevole produzione di rifiuti ad
alta attività e a lunga vita media sono, nei casi più avanzati, ancora
nella fase di costruzione di laboratori o di impianti sotterranei.
Le formazioni geologiche profonde che per la loro peculiarità offrono
maggiori garanzie di confinamento dei rifiuti nucleari e su cui si è
concentrata l'attenzione della Commissione europea sono le miniere di
salgemma e le cavità presenti nelle formazioni granitiche e argillose.
Su queste ultime, data la loro ampia diffusione nel proprio territorio
nazionale, l'Italia ha approfondito insieme al Belgio gli studi per lo
smaltimento. Ad Asse, in Germania, le sperimentazioni sono avvenute in
miniere di salgemma, a Grimsel in Svizzera e a Stripa in Svezia in siti
granitici, mentre esplorazioni geomorfologiche avvengono in siti
potenziali quale Yucca Mountain negli USA, Aspo in Svezia, Gorleben in
Germania e Olkiluoto in Finlandia.
Va qui precisato che, ad
oggi, appare più difficilmente percorribile nel nostro Paese l'ipotesi
di un sito geologico profondo idoneo (come riportato nella
risoluzione della commissione «Grandi rischi» della Presidenza del
Consiglio dei ministri di cui al successivo punto 3); pertanto la
sistemazione definitiva dei rifiuti di III categoria, trascorso il
periodo di deposito «temporaneo» di diversi decenni dovrà essere gestita
ad un livello sovranazionale
per capire
meglio la distinzione la distinzione tra depositi superficiali, depositi
in cavità sotterranee, deposito in miniera, depositi in formazioni
geologiche profonde
1.9) Il Garante.
Nell'articolato proposto si prevede l'introduzione di un Garante, che
agisca come attore indipendente nella complessa e difficile dinamica che
si instaurerà tra l'Agenzia per i rifiuti radioattivi, gli esercenti,
gli enti locali ed i cittadini nel processo di localizzazione del sito o
dei siti di smaltimento dei rifiuti di II categoria e del deposito o dei
depositi per lo stoccaggio temporaneo per la III categoria.
Tale Garante, in analogia con la figura prevista nella legislazione
francese, se sufficientemente autorevole e forte potrà contribuire a
diffondere le informazioni ai cittadini e a rendere complessivamente più
trasparente il processo di localizzazione, costituendo un punto di
riferimento autonomo.
3) Azioni in corso per la scelta del sito da destinare a centro
nazionale di smaltimento.
La necessità e l'urgenza di avviare a soluzione il problema della
messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e della disattivazione degli
impianti nucleari è stata posta dall'ANPA all'attenzione del Governo,
dei mezzi di comunicazione e degli operatori del settore, nel corso di
due manifestazioni pubbliche, il 26 luglio 1995 ed il 25 novembre 1997,
tenutesi a Roma.
Inoltre il problema della sistemazione dei rifiuti radioattivi presenti
sul territorio nazionale è stato discusso anche nel 1996 nell'ambito
della sezione nucleare della commissione «Grandi rischi», istituita
presso il dipartimento della protezione civile della Presidenza del
Consiglio dei ministri. L'argomento era stato posto all'ordine del
giorno sia su sollecitazione della precedente commissione parlamentare
d'inchiesta monocamerale, sia a seguito di iniziative giudiziarie e
politiche in materia di rifiuti radioattivi. Per la valutazione di
un programma operativo, la
commissione aveva istituito un apposito gruppo di lavoro, con
rappresentanti di enti ed operatori nazionali interessati al problema (ENEA,
ENEL, nonché ANPA in qualità di osservatore). La risoluzione
del gruppo di lavoro, riunitasi il 22 febbraio 1999 presso il
dipartimento della protezione civile alla presenza del sottosegretario
Barberi, indica nella struttura ingegneristica superficiale (con
soluzioni tecniche che tengano conto delle condizioni geologiche e
morfologiche) la tipologia appropriata per lo smaltimento definitivo dei
rifiuti radioattivi di II categoria, sulla scorta degli studi già
espletati e di analoghe esperienze di altri Paesi; l'opportunità di
localizzare nello stesso sito di ubicazione del deposito definitivo dei
rifiuti di cui sopra l'infrastruttura per l'interim storage del
combustibile irraggiato e dei rifiuti di III categoria condizionati.
Inoltre, dallo studio
effettuato è emersa l'impraticabilità dell'ipotesi di utilizzare, nel
territorio peninsulare, miniere o cave come sito per il deposito, in
quanto o meccanicamente instabili, o non idonee (per la presenza di
falde o acquiferi) dal punto di vista idrogeologico, o sottoposte alla
cosiddetta «chiusura mineraria».
Nello stesso periodo l'ENEA ha costituito una task force per individuare
il sito nazionale di deposito dei rifiuti radioattivi; in particolare
l'Ente è stato incaricato di intraprendere le azioni di natura
sitologica e progettuale dirette all'individuazione e alla
caratterizzazione di uno o più siti idonei ad ospitare il centro di
deposito ed alla definizione concettuale del sistema ingegneristico. La
priorità assegnata alla task force è stata quella di avviare le azioni
preliminari, volte alla scelta del sito nel quale realizzare le
strutture necessarie allo smaltimento dei rifiuti radioattivi di media e
bassa attività.
Da documenti fatti pervenire alla commissione dall'ENEA, si evince che a
tutt'oggi la task force ha svolto le seguenti attività:
- completamento ed analisi critica dell'inventario nazionale di rifiuti
e materiali destinati al sito di smaltimento, al fine di acquisire i
dati per il dimensionamento del centro di deposito. Questa valutazione
ha incluso anche i quantitativi dei rifiuti che proveranno dallo
smantellamento delle centrali dell'ENEL e degli impianti dell'ENEA, che
costituiscono la quota di gran lunga preponderante dei volumi da inviare
al sito di smaltimento. L'inventario è in corso di revisione, in quanto
dovranno essere definiti con maggiore approssimazione i suddetti dati
(rifiuti radioattivi del CISAM, del CCR Ispra, eccetera);
- elaborazione di un progetto concettuale per l'individuazione di un
sito di smaltimento proponibile, sulla base delle caratteristiche
qualitative e quantitative dei rifiuti italiani. Il lavoro è stato
commissionato all'agenzia francese ANDRA (Agenzia nazionale per i
rifiuti radioattivi), che ne ha verificato l'adattabilità a due siti
italiani indicati dall'ENEA;
- avvio di uno studio di performance assessment, avente per oggetto
l'individuazione e l'applicazione di una metodologia di calcolo per la
valutazione del comportamento ai fini del contenimento della
radioattività, di un sistema di strutture modulari e del sito relativo
nelle condizioni di esercizio normale ed in quelle incidentali;
- caratterizzazione più dettagliata diretta a meglio definire le
caratteristiche geochimiche ed idrogeologiche, antropiche, climatiche,
eccetera, al fine di disporre di dati più precisi per la valutazione
quantitativa di performance assessment e, quindi, meglio qualificare il
programma ed il modello di calcolo. Inoltre la task force sito dell'ENEA
ha messo a punto un sistema informativo geografico, SIG, riferito
all'intero territorio nazionale per l'individuazione di siti
potenzialmente idonei allo smaltimento di rifiuti a bassa e media
radioattività. Il metodo si avvale di un sistema multiparametrico a
punteggi e pesi che vengono assegnati alle diverse caratteristiche del
sito. La caratteristica maggiormente valorizzata è quella
socioeconomica: uso del suolo, distribuzione e densità della
popolazione, vie di comunicazione.
Le altre caratteristiche che attengono alla valutazione della sicurezza,
sia a breve che a medio e lungo termine, sono: la quota, la pendenza, la
precipitazione, le caratteristiche idrogeologiche, la sismicità.
La metodologia adottata che può essere rivisitata ha permesso di
assegnare ad alcune regione del centro e del sud dell'Italia (con
esclusione delle isole) la classe di idoneità alta. Le stesse regioni
presentano anche caratteristiche litologiche di tipo argilloso, marnoso
o argilloso/marnoso di notevole interesse tecnico.
Di recente, per avviare una fase di concertazione strategica per le
attività propedeutiche alla scelta di un sito di smaltimento per i
rifiuti a media radioattività, è stato istituito, presso il Ministero
dell'industria, un «Tavolo nazionale» composto da: Governo, regioni, UPI,
ANCI, organizzazioni sindacali, nazionali e di categoria, ENEL, ENEA ed
ANPA. Al completamento della fase informativa, il Ministero
dell'industria si attende che le regioni o gli enti locali possano
manifestare un eventuale interesse a mettere a disposizione del Paese un
sito che risponda, in via preliminare, ai requisiti di sicurezza
necessari alla realizzazione di un centro di smaltimento.
4) Visita ai centri di smaltimento spagnolo e francese.
Per approfondire le conoscenze ed i problemi che sottendono alla scelta
ed alla gestione di un sito nucleare di smaltimento, nel 1998 una
delegazione della Commissione si è recata presso i centri di El Cabril
(Spagna) e dell'Aube (Francia).
Lo scopo era quello di acquisire informazioni, anche di natura tecnica,
sulle attività di scelta e qualificazione del sito, sulla realizzazione
delle strutture di smaltimento e sulle modalità di gestione, e nel
contempo rendersi conto delle procedure di sicurezza poste in atto dagli
enti gestori.
5) Esempi di centri di smaltimento esteri.
5.1) Generalità.
I principi fondamentali della radioprotezione e della sicurezza
ambientale nella gestione dei rifiuti radioattivi sono stati oggetto di
particolare attenzione da parte della Agenzia internazionale per la
energia atomica (IAEA) e della Commissione internazionale per la
protezione radiologia (ICRP). Essi sono stati formulati per assicurare
la tutela della salute umana e la protezione dell'ambiente, sia entro
che oltre i confini di un Paese, e per non imporre oneri indebiti alle
generazioni future.
L'applicazione di questi principi viene tenuta in particolare
considerazione nella filosofia di gestione dei rifiuti radioattivi e
nella progettazione dei sistemi e degli impianti di smaltimento. Sotto
questo aspetto, uno dei principi stabiliti dalla IAEA è che non è etico
rinviare la soluzione definitiva del problema alle generazioni future,
almeno nel caso in cui esiste una tecnologia affidabile per lo
smaltimento, come lo è per i rifiuti a bassa e media radioattività.
Per tali rifiuti infatti sono già in esercizio decine di centri di
smaltimento nei quali, quasi ovunque, i rifiuti radioattivi sono
smaltiti in strutture artificiali, costituite da barriere di cemento e
calcestruzzo, realizzate in superficie o prossime agli strati
superficiali del terreno. Alcuni Paesi invece, in considerazione di
peculiari situazioni geografiche, hanno adottato soluzioni diverse. Ad
esempio la Svizzera, che per la sua configurazione orografica non
dispone di aree morfologicamente adatte per un tipo di smaltimento
superficiale, ha in progetto di realizzare lo smaltimento dei rifiuti
radioattivi a media e bassa attività in gallerie scavate nel fianco di
una montagna nei pressi di Wellemberg. In questo caso il confinamento
sarà assicurato in parte anche dalle barriere naturali.
Un altro esempio è costituito dalla Germania, che fino ad ora ha preso
in considerazione di realizzare un centro di smaltimento nei pressi di
una esistente miniera di ferro a Konrad, in Bassa Sassonia, che presenta
favorevoli condizioni di stabilità. Ciò è stato possibile in quanto la
Germania dispone di un gran numero di miniere dismesse con
caratteristiche ideali sotto il profilo meccanico ed idrogeologico.
5.2) Centro di smaltimento svedese SFR (Swedish final repository).
Un centro di smaltimento per rifiuti a bassa e media radioattività, di
concezione diversa è il sito svedese di Forschmark, situato a circa 150
km a nord di Stoccolma, entrato in esercizio nell'aprile 1988. Il centro
è gestito dalla Swedish nuclear fuel and waste management company.
Le strutture per lo smaltimento sono state realizzate nella roccia
granitica a cinquanta metri sotto il livello del mar Baltico, a circa un
chilometro di distanza dalla terraferma.
5.3) Centro di smaltimento nel Regno Unito.
Nel Regno Unito è in esercizio da circa venti anni un centro di
smaltimento per rifiuti radioattivi a media e bassa attività realizzato
a Drigg, in prossimità degli impianti di Sellafield. Inizialmente lo
smaltimento avveniva in trincee superficiali sprovviste di un adeguato
rivestimento. In un secondo tempo, in seguito all'adozione dei criteri
internazionali più severi i rifiuti sono stati smaltiti in trincee con
rivestimento in calcestruzzo
5.4) Centri di smaltimento negli Stati Uniti d'America.
Gli USA, in considerazione degli enormi spazi disponibili a bassissima
densità abitativa, in passato hanno adottato la tecnica di smaltire i
rifiuti radioattivi a media e bassa attività, sia quelli prodotti da
operatori privati che quelli del Department of energy (DOE) in trincee
5.5) Centro di smaltimento in Giappone.
In Giappone dal 1990 è in esercizio un centro di smaltimento per rifiuti
radioattivi a media e bassa attività presso il sito di Rokkasho-mura,
11.2) La guida tecnica n. 26 dell'ANPA «Gestione dei rifiuti
radioattivi» (edizione 1987).
In Italia la classificazione dei rifiuti radioattivi proposta dall'ANPA
con la guida tecnica n. 26 è già ampiamente accettata ed utilizzata da
alcuni importanti esercenti nucleari [...]
per una
rapida delucidazione della "Classificazione italiana - Guida Tecnica n.26
- ANPA"
11.3) Safety guide 1994 «Classification of radioctive waste»
dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica.
Per quanto attiene alla classificazione dei rifiuti radioattivi, nel
linguaggio corrente, è ancora in uso un'antiquata terminologia
qualitativa, spesso riportata nella letteratura internazionale, che ha
avuto origine in sede IAEA (International atomic energy agency) e che è
stata impiegata, in passato, in rapporto al tipo di deposito e di
smaltimento che si intendeva attuare: rifiuti a bassa radioattività o di
basso livello (LLW); rifiuti a media radioattività o di livello
intermedio (ILW): rifiuti ad alta radioattività o di alto livello (HLW).
Alle tre suddette classi di rifiuti veniva aggiunta quella dei rifiuti
contaminati da alfa emettitori in misura tale da doverli assimilare ai
rifiuti di alto livello.
Alle prime due classi (LLW e ILW), ancor oggi, si possono far
corrispondere, sia pure con qualche margine di approssimazione, i
rifiuti classificati nelle prime due categorie della guida tecnica. Alle
altre due (HLW ed alfa emettitori) corrispondono quelli classificati di
terza categoria.
In tempi recenti (1994) la stessa IAEA ha provveduto a formulare una
nuova e più articolata classificazione dei rifiuti, sviluppando criteri
quantitativi - confrontabili con quelli della guida tecnica n. 26 -
mirati principalmente a salvaguardare gli aspetti di radioprotezione in
relazione al tipo di sistemazione finale nel sito di smaltimento.
Vista l'analogia con quanto è stato regolamentato in Italia (vedi
tabella I della guida tecnica n. 26), si può senz'altro affermare che i
criteri e la metodologia adottati dall'ANPA sono in linea con gli
orientamenti internazionali.
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