L'
uomo, le radiazioni corpuscolari ed elettromagnetiche, le radiazioni
ionizzanti
Il termine
radiazione è usato in fisica per descrivere fenomeni apparentemente
assai diversi tra loro, come l'emissione di luce visibile da una
lampada, di radioonde da un circuito elettrico, di raggi infrarossi da
un corpo incandescente, di raggi X da una macchina radiogena e così via.
La caratteristica peculiare comune a tutti questi fenomeni è il
trasferimento di energia da un punto a un altro dello spazio senza che
vi sia il movimento di corpi macroscopici e senza il supporto di un
mezzo materiale. Quando la propagazione di energia avviene secondo
queste modalità si dice che si è in presenza di radiazione.
Il suono emesso dalle casse di uno stereo non è una radiazione, bensì
un'onda sonora che ha bisogno dell'aria per propagarsi. A livelli
normali, il suono non si può considerare dannoso per la salute, mentre a
livelli molto elevati può generare danni al sistema uditivo.
Si suole distinguere le radiazioni in corpuscolari ed
elettromagnetiche, sulla base del loro comportamento prevalente:
- le radiazioni corpuscolari sono costituite da particelle sub-atomiche
che si spostano con velocità assai elevate, spesso prossime a quelle
della luce,
- le radiazioni elettromagnetiche si propagano nel vuoto con la velocità
della luce e sono classificate in modo differente a seconda della loro
energia.
Si dice che una radiazione è ionizzante quando è in grado di
produrre, in modo diretto o indiretto, la ionizzazione degli atomi e
delle molecole del mezzo attraversato (la ionizzazione è un processo
mediante il quale gli atomi acquistano, o perdono, elettroni, diventando
quindi elettricamente carichi). Si considerano ionizzanti le radiazioni
con lunghezza d'onda maggiore di 400 10-9m; la radiazione ultravioletta
(10÷400 10-9m) non è quindi da considerarsi ionizzante.
Per quanto precedentemente descritto si può dedurre che il processo
di ionizzazione porta necessariamente ad alterazioni degli atomi, almeno
in via transitoria, e può in tal modo produrre modificazioni nella
struttura delle molecole che li contengono. Se le molecole alterate
sono situate in una cellula vivente, essa stessa può risultare
danneggiata.
Esiste la possibilità che la dose assorbita durante un'irradiazione
(cioè l'energia assorbita per unità di massa) abbia degli effetti sul
corpo umano; gli effetti sul singolo individuo esposto alle radiazioni
si manifestano se si supera una certa quantità di dose (effetti a
soglia), che nel caso, per esempio di un esame radiologico, non viene di
norma nemmeno lontanamente raggiunta, neanche con esami ripetuti
moltissime volte. Esistono poi gli effetti casuali, che sono
indipendenti dalla dose, e che potrebbero manifestarsi su chiunque venga
esposto alle radiazioni ionizzanti.
Al fine di renderci conto dell'effettivo rischio a seguito di
un'esposizione a radiazioni ionizzanti soffermiamoci sull'esame
radiografico. Questa è una procedura molto comune. In Italia, il numero
di esami radiologici in un anno è stato stimato essere dell'ordine di
100 milioni, questo equivale ad affermare che in media ciascun italiano
si sottopone a due esami radiologici all'anno. Per rendersi conto delle
minime probabilità di subire un danno a seguito di una o più radiografie
è sufficiente evidenziare quanto sia più rischioso compiere le proprie
attività quotidiane; ad esempio fare circa 200 radiografie al torace
all'anno accorcia la vita:
- 100 volte di meno di essere alcolista,
- 63 volte di meno di essere fumatore,
- 25 volte di meno di fare lavori pesanti,
- 8 volte di meno di guidare l'automobile,
- 5 volte di meno di bere alcolici ogni tanto,
- 3 volte di meno di respirare aria inquinata.
Una mammografia corrisponde invece al rischio di:
- percorrere in macchina 100 km in autostrada,
oppure
- fumare 3 sigarette in tutta la vita.
Nel caso di donne in stato di gravidanza si preferisce, per quel
periodo, evitare esami radiologici alla zona del torace e del bacino.
Infatti, la probabilità di danni casuali sul feto è maggiore che
sull'adulto, in quanto i tessuti e gli organi in formazione sono più
sensibili alle radiazioni degli organi già formati. Inoltre le prime
settimane di gestazione sono le più a rischio per eventuali
malformazioni. Ciò non significa assolutamente che i danni si
manifestino per forza, ma se è possibile evitare di sottoporsi a un
esame radiologico all'addome o al torace proprio in quel periodo è
meglio. Se si tratta invece di una frattura a una mano o a una gamba è
possibile sottoporsi all'esame; è compito del personale fornire i
necessari sistemi per proteggere l'addome dalle radiazioni. Il miglior
modo di proteggersi dai raggi X è evitare radiografie inutili, ma un
sospetto di malattia giustifica sempre un'indagine approfondita, anche
radiologica.
È necessario notare tuttavia che l'uomo, fin dal suo apparire sulla
Terra, è stato costantemente esposto alle radiazioni ionizzanti di
origine naturale, che sono state l'unica fonte d'irradiazione fino a
poco meno di un secolo fa. Ancora oggi, nonostante l'ampio impiego a
scopo medico, e non solo, delle radiazioni, la radioattività naturale
continua a essere il maggior contributo alla dose ricevuta dalla
popolazione ed è assai probabile che questo si verifichi anche in
futuro.
In natura esistono infatti nuclei radioattivi (radionuclidi) di elementi
chimici che, essendo instabili, si trasformano (decadono) in uno o più
nuclei, generalmente più stabili, emettendo radiazione elettromagnetica
oppure particelle cariche di diversa energia a seconda del tipo di
nucleo.
La radioattività naturale si divide in una componente di origine
terrestre e in una di origine extraterrestre. La prima è dovuta ai
radionuclidi presenti nei materiali inorganici della crosta terrestre
(rocce e minerali). La concentrazione di materiale radioattivo dipende
dalla conformazione geologica delle diverse aree; inoltre numerosi
materiali da costruzione emettono quantità relativamente modeste di
radiazioni. Anche le acque contengono nuclei radioattivi, a causa sia
delle piogge, che trasportano le sostanze radioattive dell'aria, sia
delle acque di drenaggio che convogliano nei bacini idrici le sostanze
presenti nelle rocce e nel suolo.
La componente extraterrestre alla radioattività naturale è dovuta
essenzialmente ai raggi cosmici, particelle cariche che provengono dalla
spazio interstellare e interagiscono con l'atmosfera originando altre
particelle secondarie, anche se per la maggior parte i raggi cosmici
primari vengono assorbiti nello strato più alto dell'atmosfera. Inoltre
alle alte quote il loro flusso è comunque maggiore che sul livello del
mare. [1]
Lo studio
epidemiologico è lo strumento valutativo dello stato di salute di una
popolazione, studio che può limitarsi alla semplice descrizione
numerica, temporale e geografica (epidemiologia descrittiva) o anche
alla valutazione sistematica del sospetto di correlazione dello stato di
salute con la presenza di un agente responsabile (epidemiologia
analitica). Quest' ultima è pertanto la disciplina medica che studia
la distribuzione delle malattie non solo infettive, come un tempo, ma,
oggi soprattutto, anche croniche e degenerative. Forse in nessuna altra
branca della salute umana sono stati condotti tanti studi di
epidemiologia analitica come nel caso degli esposti a radiazioni
ionizzanti il cui risultato rappresenta l'elemento più importante
per la impostazione dottrinaria della radioprotezione.
Seguendo allora l'indirizzo epidemiologico analitico, sono stati
condotti studi tipo coorte e tipo caso-controllo per cercare di ottenere
delle correlazioni non solo causali, ma anche quantitative tra
esposizione a radiazioni e incidenza o mortalità oncogena. Le più
importanti serie epidemiologiche studiate sono:
- sopravvissuti giapponesi alle esplosioni nucleari,
- pazienti irradiati per fluoroscopia,
- pazienti irradiati per spondilite,
- pazienti irradiati per tinea capitis,
- pazienti trattati con radio per TBC,
- minatori esposti ad alte concentrazioni di radon,
- pittori di quadranti di orologio, etc.
Tra queste, quella più significativa, rappresentativa ed attendibile
dal punto di vista statistico è tuttavia quella dei sopravvissuti alle
esplosioni nucleari della seconda guerra mondiale. E' a questa
coorte pertanto che, in prima istanza, fanno riferimento tutti quegli
organismi che eseguono valutazioni sul legame quantitativo tra rischio
oncogeno ed esposizione, come l'UNSCEAR (il Comitato scientifico delle
Nazioni Unite sugli effetti delle radiazioni atomiche), il NIH
(l'Istituto nazionale di sanità degli Stati Uniti), il BEIR (la
Commissione scientifica per le radiazioni dell'Accademia Nazionale delle
Scienze degli Stati Uniti), l'ICRP (la Commissione internazionale per le
protezioni radiologiche). A corredo e a conferma scientifica del
legame causale tra radiazioni e tumore vi sono anche i numerosi studi in
vitro e tutta la sperimentazione radiobiologica. Dall'insieme dei
vari studi è stato possibile dedurre delle valutazioni quantitative di
mortalità oncogena in funzione di dosi medio-alte (maggiori di alcune
decine di milliSievert).
Diversa è invece la situazione per quanto riguarda esposizioni a dosi
basse in corrispondenza alle quali, non solo non è possibile inferire
delle correlazioni quantitative, ma neanche correlazioni causali.
Infatti, per mancanza di effetti chiaramente ed univocamente correlabili
alle dosi, le indagini e gli studi effettuati non sono riusciti a
fornirci indicazioni statisticamente significative di un aumento del
rischio oncogeno tra gli esposti.
Al riguardo, vale la pena citare il documento UNSCEAR 2000 secondo il
quale "Il numero dei tumori solidi associati con l'esposizione alle
radiazioni non è sufficiente per permettere una analisi dettagliata
della risposta in dose per molti siti o tipi specifici di tumori. Per
tutti i tumori solidi raggruppati la relazione della curva dose-risposta
è lineare fino a circa 3 Sv, mentre la curva dose-risposta per la
leucemia viene meglio descritta da una funzione lineare-quadratica.
Rischi statisticamente significativi per il cancro nel "Life Span Study"
(l'Organismo nippo-americano oggi denominato Radiation Effects Research
Foundation (RERF), che studia gli effetti delle esplosioni nucleari
giapponesi) vengono rilevati per dosi all'organo superiori a circa 100
mSv". Ciò risulterebbe ancora più vero per la leucemia per la quale i
risultati dello stesso Life Span Study indicano un rischio relativo
inferiore a 1 al di sotto di 20 mSv. Questo risultato di assenza di
evidenze di aumento del rischio oncogeno alle basse dosi viene
confermato dal raffronto delle statistiche oncogene tra popolazioni
soggette a fondi ben diversi di radiazioni.
Mentre nel caso degli effetti stocastici somatici si è potuto far
riferimento anche alla epidemiologia analitica, nel caso degli effetti
genetici si può far ricorso solo alla radiobiologia sperimentale
animale. Müller lavorò per 10 anni prima di poter dimostrare nel 1927
che i raggi X producono realmente mutazioni nella Drosophila
melanogaster. Sull'azione mutagena delle radiazioni evidenziata sul
moscerino della frutta, organismo caratterizzato da solo 4 cromosomi, da
intensa capacità riproduttiva e da una veloce successione generazionale,
si è impostata una imponente ricerca che ancora oggi conduce ad
importanti risultati scientifici. In particolare è stato rilevato che vi
è un aumento delle mutazioni trasmesse ai discendenti, che questo
aumento è collegato in modo lineare alla dose assorbita dai genitori
(siamo sempre a dosi elevate), che l'intensità di radiazione ed il
frazionamento della dose sono ininfluenti nella determinazione
dell'effetto e che il danno genetico presente nei figli non può essere
riparato. Gli stessi esperimenti radiobiologici condotti su altre specie
animali hanno confermato l'effetto mutageno sulle cellule germinali e la
conseguente trasmissione di tali mutazioni ai discendenti.
Come già detto, non è stato possibile sinora rilevare con metodi
epidemiologici un eccesso di malattie ereditarie nella progenie umana di
soggetti esposti alle radiazioni ionizzanti rispetto alla progenie di
soggetti non esposti. Lo studio radioepidemiologico più importante è
stato quello sui discendenti dei sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki,
nel corso del quale è stato effettuato un confronto tra 30.000 bambini
di cui almeno uno dei genitori era stato irradiato e 40.000 bambini i
cui genitori non erano stati irradiati. Nessuna differenza
statisticamente significativa è apparsa tra i due gruppi per quanto
concerne lo sviluppo psicofisico, le malformazioni di origine genetica
ed alcuni indicatori di natura citogenetica e biochimica. I risultati
dell'indagine epidemiologica pubblicati nel 1981 sono stati confermati
nel 1988. Altre indagini condotte su popolazioni umane, per quanto di
minore rilevanza, non hanno analogamente evidenziato alcun aumento di
effetti genetici.
Allora, ed è qui un punto molto importante perché sta alla base della
impostazione filosofica della radioprotezione, ci si pone in una
prospettiva di cautela e si introduce l'ipotesi che quel rapporto di
linearità, che è stato riscontrato alle dosi medio-alte tra incidenza
neoplastica e dose, possa esser estrapolato anche alle piccole dosi fino
a dose zero, senza quindi una soglia al di sotto della quale considerare
assenti gli effetti neoplastici. Una prospettiva, questa, di cautela, in
quanto è ben evidente, come del resto già evidenziato più sopra, che
l'organismo ha delle risorse reattive alla noxa con le quali cerca di
opporsi al danno o di ripristinare le condizioni "quo ante"; risorse
rappresentate da vari meccanismi di protezione, di riparazione e di
eliminazione degli effetti elementari prodotti dalla radiazione.
Analogamente, a dosi elevate le radiazioni ionizzanti possono
produrre danni ereditari. Infatti, come accennato, i dati
sperimentali su piante ed animali, notevolmente numerosi, ottenuti in
condizioni di irradiazione perfettamente definite (dose e rateo di
dose), indicano che tali danni possono di fatto insorgere. Per quanto
analoghi effetti non siano stati dimostrati a tutt'oggi nella specie
umana, tuttavia, sempre per i fini della radioprotezione e nello spirito
del principio di cautela, in analogia a quanto si registra nella
sperimentazione animale, si assume che anche nell'uomo si possano avere
effetti genetici e, anche in questo caso, si suppone che l'incidenza di
effetti, calcolata per estrapolazione dalle sperimentazioni sugli
animali, sia correlata linearmente con la dose e sia estrapolabile fino
a dose zero. [2]
per altre
informazioni sulla radioattività
per
conoscere come si effettua il rilevamento e la misurazione della
radioattività (cenni normativi, strumenti tecnici e unità di
misura)
Le applicazioni della radioattività e delle
radiazioni ionizzanti
fonte:
http://ulisse.sissa.it/SingleQuestionAnswerProfile.jsp?questionCod=59703415
[1]
http://www.galileo2001.it/materiali/documenti/radiazioni/
radiaz_effetti_rischio_norme_04.php
[2]
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