L'impianto di Sellafield in Gran
Breatagna: il trattamento, il trasporto e il riciclaggio dei rifiuti
nucleari
Nel 1966 l’Italia sarebbe diventata il terzo Stato produttore di energia
nucleare (dopo Usa e Regno Unito), ma non disponeva di sistemi per
trattare e rendere meno dannosi i combustibili usati: così i carichi
venivano inviati alla centrale di Sellafield per essere trattati e poi
riconsegnati al nostro Paese dopo il cosiddetto “riprocessamento”.
Questo tipo di operazioni, all’epoca, passava quasi inosservato, perché
le popolazioni non avevano ancora coscienza dei pericoli del nucleare:
ciò spiega anche perché fino ad oggi il transito di questi carichi
radioattivi - migliaia di tonnellate - nel Mediterraneo sia rimasto
praticamente sconosciuto.
Ciò che adesso è possibile ricostruire non è molto, ma è comunque
abbastanza per comprendere la portata del rischio che si è corso.
La compagnia britannica faceva la spola tra Anzio e Barrow con la
“Stream Fisher” e la gemella “Pool Fisher”, navi che venivano utilizzate
anche per trasporti non radioattivi, con il conseguente pericolo - per
non dire certezza, considerate le tecnologie di quegli anni - della
contaminazione degli altri prodotti.
Ma non solo. La “Pool Fisher” fece naufragio nel novembre del 1979 nel
Canale della Manica: fortunatamente a bordo non aveva scorie atomiche ma
soltanto potassio: tredici persone morirono comunque nell’incidente.
Oggi il più importante gestore di traffici radioattivi via mare è
la Bnfl (British Nuclear Fuels) compagnia proprietaria della
centrale di Sellafield in Gran Bretagna. La Bnfl possiede una flotta di una decina di
unità speciali classe “Pacific”, che offrono certamente una sicurezza
superiore a quella - assai scarsa - degli anni Sessanta e Settanta.
Oltre alla Bnfl, anche la francese Cogema dispone di una flotta per il
trasporto nucleare: c’è poi la britannica Ntl (Nuclear Transport Limited)
che, con un traghetto, porta i materiali attraverso il Canale della
Manica. Il business della navigazione radioattiva e del trattamento
delle scorie è enorme e in costante crescita: la sola Bnfl ha con i
clienti europei - senza dunque considerare Australia e Giappone -
contratti per 18 miliardi di euro. [1]
Sull’esterno dei bidoni di combustibile nucleare esaurito che
viaggiano tra la Gran Bretagna e l’Europa continentale è stata
registrata una concentrazione di radioattività circa 25 volte maggiore
del limite internazionale di sicurezza.
Altri scandali su contenitori fortemente contaminati in Germania e in
Francia hanno già paralizzato lo smaltimento delle scorie nucleari in
Europa. Nel maggio del 1998, tutte le spedizioni di combustibile
esaurito provenienti dalle centrali tedesche, svizzere e francesi
dirette verso gli impianti di smaltimento di La Hague in Normandia e
Sellafield in Scozia furono sospese a tempo indeterminato
Inoltre, il governo inglese ha annunciato che l’unico altro impianto
europeo di smaltimento, a Dounreay in Scozia, chiuderà nel 2006 perché
antieconomico. «Queste notizie segnano la fine dell’industria dello
smaltimento scorie», dice Mycle Schneider del World Information Service
on Energy, un gruppo antinucleare basato a Parigi.
Nel maggio 1998 la British Nuclear Fuels (BNFL) ha già ammesso che, dal
1995, al terminale ferroviario di Dunkirk 6 bidoni su 312 avevano un
livello di contaminazione esterna «da dieci a venti becquerel per
centimetro quadrato». Il livello di sicurezza raccomandato dalla
International Atomic Energy Agency è di quattro Bq/cm2. Ed ancora sempre
la BNFL ha dichiarato a NewScientist che un bidone partito dalla
Germania nel marzo di quest’anno presentava 100 Bq/cm2 all’arrivo a
Dunkirk. Inoltre, negli ultimi tre anni, alcuni ispettori hanno trovato
sul molo di Barrow otto bidoni che superavano il livello di sicurezza.
Il peggiore aveva una contaminazione di 60 Bq/cmq.
La BNFL continua a sostenere che la contaminazione non presenta un
rischio per la salute, e dice che è causata dalla trasudazione dei
bidoni durante il trasporto. Quando vengono riempiti, la vernice e
il metallo esterni assorbono radioattività che è difficile da rimuovere
con la pulizia. Poi, durante il trasporto, gli isotopi vengono
rilasciati.
In Gran Bretagna non ci sono state comunicazioni ufficiali sul
superamento dei livelli di sicurezza, né al ministero dell’Ambiente o
dei Trasporti, né alle regioni che supervisionano le spedizioni di
scorie nucleari. «Non informiamo gli organi di controllo perché non c’è
alcuna legge che ci obblighi a farlo», dice un portavoce della BNFL.
Nel maggio 1998 il ministro dell’Ambiente tedesco Angela Merkel ha
proibito il trasporto di combustibile esaurito, dopo aver scoperto che
11 bidoni su 55 di quelli mandati in Francia nel 1997 erano contaminati
fino a 13.400 Bq/cm2. Ha dichiarato «completamente inaccettabile» il
fatto che le compagnie nucleari non abbiano fatto rapporto al suo
ministero sul superamento dei livelli di sicurezza.
La compagnia ferroviaria francese, SNCF, ha sospeso tutte le spedizioni
dopo che le autorità competenti hanno scoperto che un quarto dei bidoni
e il 35 per cento dei vagoni ferroviari arrivati l’anno scorso al
terminale di Valognes vicino a La Hague erano contaminati da cobalto 60
e cesio 137 al di sopra
del limite di sicurezza. Così come in Germania, le compagnie nucleari
non avevano informato il governo della situazione da almeno dieci anni.
[2]
Il trasporto,
nonostante resti altamente pericoloso, è ripreso due mesi dopo per
ordine governativo.
Ancora nel maggio 1998, Greenpeace ha documentato la contaminazione
radioattiva del Mar d'Irlanda, provocata dagli scarichi dell'impianto di
ritrattamento di Sellafield (Gran Bretagna). Dopo che nel 1994 il governo britannico ha
autorizzato la società BNFL, che gestisce l'impianto, ad aumentare
rispettivamente del 900% e del 1100% gli scarichi liquidi e gassosi di
Sellafield, il livello di radioattività di alcuni pesci catturati nel
Mar d'Irlanda è risultato 42 volte più alto dello standard fissato
dall'Unione europea. Particolarmente contaminate dagli scarichi liquidi
(circa 9 milioni di litri al giorno) sono risultate le aragoste, il cui
livello di radioattività è cresciuto di oltre 90 volte in quattro anni.
Tanto è vero che nel giugno 1998, la società BNFL ha dovuto uccidere nella zona di Sellafield
oltre 700 piccioni, le cui penne ed escrementi erano risultati
contaminati da radionuclidi di plutonio, e rimuovere 200 tonnellate di
suolo da un giardino contaminato dagli stessi piccioni. I corpi dei
volatili, chiusi in contenitori di acciaio e sepolti all'interno
dell'impianto, resteranno pericolosi per migliaia di anni. [3]
Nel 1999, 250 chilogrammi di combustibile Mox causarono un vero e
proprio incidente diplomatico tra Londra e Tokyo, innescato dalle accuse
degli ambientalisti, quando saltò fuori che la Bnfl aveva falsificato
alcuni dati sulla sicurezza. I nipponici rifiutarono l'attracco
sostenendo che la nave doveva tornare indietro. Un incidente che ancora
brucia nel curriculum e nel portafoglio della British Nuclear Fuels.
[4]
La successiva inchiesta ha accertato che alla centrale di Sellafield le
maestranze hanno falsificato per anni alla grande i dati su un
combustibile atomico esportato in Giappone. L’hanno fatto perchè la
raccolta di quei dati richiedeva un lavoro lungo, noioso, ripetitivo con
un misuratore laser. Lo scandalo riguarda una miscela di ossido di
uranio e plutonio ("mox") prodotta a Sellafield - sulla costa ovest
dell’Inghilterra, in faccia all’Irlanda - e destinata in buona parte ai
reattori nipponici. Dal 1996 in poi i controlli di qualità e di
sicurezza hanno lasciato a desiderare.
I giapponesi della società Kansai hanno avuto i primi sospetti
sull’attendibilità dei dati alla consegna di una partita di "mox" e
un’inchiesta ordinata dal governo Blair ha confermato il peggio: a
Sellafield, specializzato nel trattamento delle scorie radioattive, ci
sono stati "sistematici fallimenti di management". Per il governo Blair
la faccenda è stata molto imbarazzante, innanzitutto nei confronti di
Tokio che ha già protestato e si prepara a restituire il "mox" non
testato a regola d’arte. Lo scandalo ha anche deragliato un piano di
parziale privatizzazione di Bnfl (una potenziale da 4.500 miliardi di
lire per l’erario britannico) e ha fornito nuovi, palpitanti spunti al
fronte anti-nucleare.
Tuttavia, a detta dei dirigenti della Bnfl, il "mox" esportato nel paese
del sol levante con le bolle d’accompagno fasulle non è per nulla
pericoloso ma i giapponesi saranno indennizzati per i madornali e
spudorati errori commessi a Sellafield. [5]
Il problema
dello smantellamento degli armamenti nucleari, l' uranio altamente
arricchito (HEU), il plutonio e il mox
Per quanto riguarda l'Italia, l'Enel stipulò nel 1980 un contratto con la società inglese British
nuclear fuel (Bnfl) per il riprocessamento di 105 tonnellate di biossido
di uranio a Sellafield: restano ancora da inviare in Inghilterra 53,3
tonnellate di combustibile divise in 259 barre. L'impianto, in funzione
dal 1953, è una delle principali fonti d'inquinamento radioattivo al
mondo, la radioattività del mare d'Irlanda è la più alta mai registrata
e questo ha provocato ripetute proteste del governo irlandese che ne
chiede la chiusura. A Sellafield arrivano scorie da tutte le centrali
europee e anche dal Giappone. Solo nel 2010 chiuderà l'impianto,
perché si sono resi conto che è pericoloso e costosissimo e ora sperano
di usarlo per stoccare le scorie. [6]
Il trasferimento di parte del combustibile nucleare italiano irraggiato presente
nel Deposito Avogadro di FIAT AVIO di Saluggia all’impianto di
ritrattamento di Sellafield è previsto nell’ambito degli “indirizzi
strategici” del Ministero dell’Industria del 14.12.1999 e ribadito tra i
compiti della Sogin S.p.A. (proprietaria del combustibile) nel D.M. del
Ministero delle Attività Produttive del 7.5.2001.
Sono attualmente immagazzinati nella piscina del Deposito Avogadro 371
elementi (di cui 49 provengono da Trino e 322 da Garigliano): il trasporto
riguarda 259 elementi UO2 di Garigliano, mentre per i rimanenti 112
elementi è attualmente previsto lo stoccaggio a secco in attesa del
definitivo smaltimento presso il futuro deposito unico nazionale.
Il trasporto è di tipo multimodale: su strada (mediante tir) da Saluggia
a Vercelli, su ferrovia da Vercelli fino a Modane e al
porto di Dunquerque (Francia), poi via mare dal porto di Dunquerque al porto di Barrow (Gran
Bretagna) e su ferrovia da Barrow all’impianto
di Sellafield.
Il contenitore di trasporto utilizzato è il modello NTL 3Ma progettato
da BNFL (British Nuclear Fuel Ltd) e costruito in due esemplari di
proprietà Sogin S.p.A. Esternamente il contenitore si presenta con una
forma cilindrica, completato con due assorbitori d’urto posizionati alle
estremità. Tra la parete interna e quella esterna del contenitore sono
inseriti 185 mm di piombo lungo le superfici laterali, 170 mm di piombo
sul fondo e 165 mm di piombo sul coperchio con funzione schermante. Le
schermature di piombo sono circondate da uno schermo termico. Le sue
caratteristiche principali sono:
peso in condizioni di trasporto |
57800 kg
|
materiale strutturale |
acciaio |
materiale strutturale schermante |
piombo |
altezza senza assorbitori d’urto
|
3.791 m |
diametro massimo senza assorbitori d’urto |
1.753 m |
numero di guarnizioni del coperchio |
2 |
numero di elementi trasportabili
|
10 |
Le operazione di movimentazione del cask (il contenitore con le barre di
materiale radioattivo) presso il punto di trasferimento
multimodale di Vercelli è realizzato in ottemperanza alla normativa internazionale IAEA, con riferimento al documento "Regulations for the Safe Transport
of Radioactive Material" – 1996 Edition (Revised), alla
"Regolamentazione concernente il trasporto internazionale di sostanze
pericolose su strada" (ADR) e alla "Regolamentazione concernente il
trasporto internazionale di sostanze pericolose su ferrovia" (RID).
[7]
In tutto, per inviare in Gran Bretagna le rimanenti 53,3 tonnellate di
combustibile divise in 259 barre, sono stati previsti 13 trasporti che
partiranno appunto da Saluggia. Il primo di questi trasporti è stato
effettuato nell'aprile 2003.
Durante questi trasporti, ai sindaci dei Comuni italiani interessati è
chiesto di collaborare per affrontare eventuali emergenze: in
particolare si tengono riunioni della protezione
civile nei Comuni per allertare i volontari in caso di incidente
nucleare. Ma in caso di incidente tutto sarà in mano a personale
altamente specializzato: nessun civile potrà avvicinarsi alla zona
interessata e la popolazione entro 200 metri dal punto interessato sarà
invitata a chiudersi in casa dalle forze dell'ordine attraverso avvisi
con megafono.
Questa è però solo l'ipotesi peggiore. In realtà, i gradi di
pericolosità di un eventuale incidente sono suddivisi in una scala di
quattro livelli. Il più grave prevede una caduta del cask (il
contenitore con le barre di materiale radioattivo) da un'altezza di 9 metri
(sono già stati effettuati test di tenuta per cadute da questa altezza)
con un'eventualità di incendio intorno al contenitore della durata fino
a 30 minuti. Questa fatalità potrebbe verificarsi in caso di
deragliamento del convoglio o di tamponamento, attentato o sabotaggio.
La rottura del contenitore con un incendio nelle vicinanze potrebbe
provocare una fuoriuscita di liquido radioattivo e la sua vaporizzazione
causata dal calore. In questo caso, appunto, si sarebbe in presenza del
livello 1 di rischio con invito alla popolazione a non uscire di casa e
a chiudere le finestre.
Imponente l'apparato di sicurezza mobilitato. I carabinieri e la polizia
presidiano tutti i cavalcaferrovia e tutte le stazioni. Nessuno potrà
avvicinarsi. Inoltre, Trenitalia blocca ogni passaggio di treni dall'una
alle 4 e le strade lungo la ferrovia e di accesso alla ferrovia sono pattugliate ed
è vietato il transito a tutti i veicoli. Il
convoglio è scortato passo passo su ferrovia e su strada. Su strada
circolano due mezzi (a bordo dei quali è presente una squadra
specializzata munita di apparecchi per il controllo della radioattività) che cercano
di mantenersi il più possibile vicino alla ferrovia. Entrambi i mezzi
procedono ad una certa distanza dal treno: uno prima e l'altro dopo,
cercando sempre di avere il treno in mezzo. Le due squadre devono
aiutare in caso di incidente, ma soprattutto rilevano la
radioattività prima e dopo il passaggio del convoglio. Il treno ha di
solito
questa composizione: due motrici (una in caso di emergenza e di ritorno
indietro), un carro cuscinetto, un carro con un contenitore, un altro
carro cuscinetto, l'altro carro con il cask e un ultimo carro
cuscinetto. Viene scortato da altri due brevi convogli: uno davanti e uno
dietro, con personale dei vigili del fuoco, dell'Arpa, della Sogin
attrezzati per intervenire in caso di incidente e incendio. Nel tunnel
del Frejus c'è una scorta rafforzata. [8]
Il combustibile ritrattato nell'impianto inglese diventerà in grande
percentuale, uranio impoverito (materiale a bassa e media attività,
usato per bombe, proiettili perforanti, combustibile per altre centrali
e motori nucleari) e,
in piccola percentuale, materiale ad altissima attività radioattiva
stoccato in blocchi vetrificati.
Per contratto con la Bnfl, dopo il
trattamento ritornerà in Italia solo quest'ultimo materiale ma,
assicurano alla Sogin, solo dopo che sarà stato individuato il sito
unico nazionale di
stoccaggio definitivo.
Nel frattempo tutto resterà lì, magari pagando un affitto. [9]
Un' ultima cosa: il prezzo dei viaggi lo paghiamo noi: cinque
centesimi di euro su ogni kilowatt della bolletta ENEL di ciascun
cittadino. L'intera operazione, per altre 54 tonnellate altamente
radioattive, costerà all'Italia - dati della SOGIN, la società statale
che gestisce le scorie - 15 milioni di euro per i trasporti, più un
milione e 244 mila euro per ogni tonnellata di rifiuti nucleari dai
quali estrarre plutonio (buono per le bombe atomiche) e uranio
impoverito.
Fino agli anni '70 si pensava che l'uranio 238 ("impoverito") fosse
solo un rifiuto. Ma proprio nell'anno del contratto con l'ENEL è
avvenuta la scoperta del suo potere militare. Nel '93 la BNFL ha
ammesso ufficialmente di aver fornito la sostanza al ministero della
Difesa britannico: e il ministero riconosce di aver utilizzato
quell'uranio in tempo di guerra. Uranio italiano, pagato da tutti noi
con la bolletta. [10]
Nel movembre 2003 l'Authority
britannica sulla pubblicità ha "pizzicato" il produttore pubblico di
energia atomica British Nuclear Fuels (Bnfl), sostenendo che le sue
pubblicità sulla protezione dell'ambiente sono ingannevoli. L'antefatto:
in alcune pubblicità apparse sui giornali regionali Bnfl assicurava che
la sua gestione della centrale nucleare di Sellafield, nel nord-ovest
dell'Inghilterra, significa che "l'avvenire dell'ambiente è in buone
mani". Secondo l'ente regolatore, però, la Bnfl non può "sapere ciò
che avverrà delle sue scorie nucleari nel corso dei prossimi millenni",
quindi la pubblicità è ingannevole perché "non si può effettivamente
prevedere l'impatto della centrale nucleare di Sellafield sull'ambiente".
Secondo Bnfl, queste pubblicità dovevano mostrare che il ritrattamento
dei rifiuti e la pulizia del sito di Sellafield "non causeranno danni
all'ambiente": tuttavia il gruppo ha dovuto promettere che nel corso dei
prossimi cinquant'anni non farà più ricorso al genere di testo sin qui
utilizzato. [11]
fonti:
http://www.unionesarda.it/unione/2003/16-06-03/regione/fat01/A03.html
[1]
http://www.scienzanuova.it/numeri/n07/n07_015.htm [2]
http://www.zanichelli.it/scuola/geografia/dinucci/nucleare1.htm
[3]
http://www.ilmanifesto.it/g8/dopogenova/3d2589faa6040.html
[4]
http://old.lapadania.com/2000/febbraio/20/20022000p10a4.htm
[5]
http://www.lanuovaecologia.it/inquinamento/nucleare/2144.php
[6]
http://www.arpa.piemonte.it/intranet/HOME-PAGE-1/ambiente/AGENTI-FIS/Dipartimen/VERCELLI/DIPARTIMEN/1.htm_cvt.htm
[7]
http://www.lunanuova.it/servizi/dossier/salugg3.html [8]
http://www.ecn.org/uenne/archivio/archivio2003/un24/art2800.html
[9]
http://alberinonantenne.interfree.it/Nucleare7.htm [10]
http://www.envi.info/news/2003/nov_2003/12_nov/settimana.html#top
[11]
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