A Taranto una
terza base navale a stelle e strisce per i sottomarini nucleari?
Alle due basi navali (Mar Piccolo e Mar Grande) rischia di aggiungersi una
terza base a comando Usa collocata nel molo polisettoriale. L'Arsenale
chiuderebbe. Vi sarebbero rischi nucleari altissimi.
La prima base navale e il mar Piccolo.
Taranto ha lungo tempo una base navale nel Mar Piccolo. Da venti anni viene
ventilato un piano per liberare il mar Piccolo dalla presenza militare, ma
esso si è rivelato un bluff. La Marina Militare Italiana ha infatti a
gennaio del 2004 chiesto di sottrarre all'allevamento dei mitili uno spazio
immenso: tre milioni di metri quadrati di mare. Dove li ha chiesti? Proprio
in quel Mar Piccolo da cui in teoria doveva traslocare. Inoltre l'Arsenale
Militare rimane nel mar Piccolo a causa di infrastrutture ed investimenti
che non possono essere trasferiti, anche per ragioni di spazio, nel mar
Grande. Infine nel mar Piccolo c'è l'aeronautica Militare con un deposito
sotterraneo di rifornimento: il più grande del Sud Italia. Esso serve tutte
le basi per aerei della zona meridionale e viene periodicamente rifornito
con una petroliera che entra nel mar Piccolo con gravi rischi ambientali. A
ciò si aggiungono altre infrastrutture e servitù militari che fanno del Mar
Piccolo una zona militarizzata. La prospettiva che si presenta non è
pertanto quella di una liberazione del mar Piccolo dalla presenza militare
ma un allargamento di tale presenza ad altre aree della città.
La seconda base navale e il mar Grande. La nuova base navale nel Mar
Grande in zona Chiapparo è iniziata a metà degli anni Ottanta e non è ancora
terminata. E' costata 150 milioni di euro (un terzo proviene da
finanziamenti Nato). E' una base a comando italiano dotata di alcune
infrastrutture Nato (ad esempio per il rifornimento) che verranno condivise
con le unità militari di altre nazioni della Nato. La normativa Nato
prevede infatti che a finanziamento Nato consegua un uso Nato delle
strutture finanziate. La nuova base navale è integrata con una base aerea
della Marina Militare che dista venti chilometri ed è sita a Grottaglie; in
essa vi sono gli elicotteri della Marina Militare e gli aerei della
portaerei Garibaldi. Essi sono a decollo verticale, si chiamano Harrier e
sono in grado tecnicamente di trasportare e lanciare bombe nucleari. Alla
fine degli anni Ottanta gli Harrier AV-8B dovevano essere assemblati a
Grottaglie con l'incentivo statale dei fondi per la reindustrializzazione
del sud. Circolava la sviante dicitura di "montaggio di gondole di motori
aeronautici" nascondere l'anima militare. E in alcuni documenti consegnati
ai sindacalisti appariva anche la sigla AV-8B che nessuno spiegava cosa
fosse. L'Harrier ha infatti questa dicitura estesa: Harrier AV-8B.
E' stato un enorme spreco di denaro - approvato da tutti i partiti - che
prometteva assurdamente posti di lavoro in un momento in cui la
multinazionale che fabbricava gli Harrier licenziava operai in tutto il
mondo. Alla fine è stato costruito solo il capannone della fabbrica e
l'intero processo è abortito.
La terza base navale nel molo polisettoriale. A queste due basi
navali se ne vuole affiancare una terza, questa volta a comando Usa.
Perché Taranto? "La Maddalena è un'isola troppo piccola per accogliere una
presenza così massiccia e Napoli o Gaeta non sono più accoglienti", spiega
l'esperto militare Stefano Silvestri, presidente dell'Istituto Affari
Militari di Roma. L'investimento previsto per Taranto è di 600 milioni di
dollari, riferisce il Corriere del Mezzogiorno, supplemento pugliese del
Corriere della Sera, che con uno scoop ha rivelato il piano americano. Le
fonti sono segrete e non possono essere rivelate per ovvie ragioni ma
provengono dall'interno del sistema di relazioni diplomatiche Usa-Italia.
Barbara Lief, una diplomatica dell'ambasciata americana, è giunta a Taranto
il 12 gennaio 2004 al seguito di una missione ufficialmente commerciale che
ha registrato la presenza di esponenti della Westland Securities, una
società americana di analisi finanziaria e studi di fattibilità. Sui
risvolti militari ufficialmente il Governo - interrogato in proposito - dice
di non avere informazioni da dare. Ma vi sono varie conferme circa
l'interesse Usa per Taranto. All'inizio del 2003 il quotidiano "Il
Riformista" indicava in Taranto la sede di un interporto militare Usa, i cui
lavori "avranno presto inizio", riferiva facendo riferimento ad una fonte
molto vicina all'ambasciata Usa a Roma. E nel maggio 2003 l'ambasciatore
americano Selmer ha incontrato il presidente dell'Autorità portuale di
Taranto, Petriccione. E, per completare il quadro, l'emittente "Radio France
International" in data 27 dicembre 2003 annunciava che "l'America è alla
ricerca di un ponte sul Mediterraneo dove sfrutterebbe una presenza già
consolidata".
Ma la conferma più interessante dei piani Usa per Taranto viene da un
parlamentare tarantino del centrosinistra, ben navigato nell'ambiente
militare. Infatti secondo l'on. Massimo Ostillio (Udeur), vicepresidente
della Commissione Difesa, i vertici militari Usa puntano a "realizzare due
grossi poli logistici in Italia, uno per le truppe di terra a Solbiate,
vicino Milano, e uno navale in Puglia, a Taranto". L'on. Ostillio è convinto
che la scelta del Pentagono alla fine ricadrà su Taranto e ha dichiarato al
Corriere del Mezzogiorno: "Sarebbe una fortuna per l'economia tarantina".
I piani militari Usa si nascondono dietro missioni esplorative dalla
parvenza commerciale in cui si sonda il terreno circa gli spazi e le
disponibilità dell'area del molo polisettoriale. Il Corriere del Giorno
dell'11 gennaio 2004 ha pubblicato il prima pagina un articolo ("Un porto a
stelle e strisce") in cui si annuncia un sopralluogo per l'eventuale
costruzione di un molo a scopo commerciale a Taranto. Probabilmente la
missione Usa ha tastato il polso ai gestori all'economia cittadina
verificando se il processo di deindustrializzazione può liberare spazi per
un polo logistico militare Usa.

Il nuovo sistema di spionaggio Usa a Taranto. La notizia della nuova base
Usa conferma e arricchisce quanto già PeaceLink aveva scoperto il 20
settembre 2000 sul sito Internet del Pentagono e cioè che a Taranto era
diventata il nodo telematico del sofisticatissimo sistema C4i americano, una
rete di coordinamento e spionaggio militare che collegherà la base navale
jonica direttamente al Navy Center for Tactical System Interoperability di
San Diego in California, scavalcando la catena di comando Nato. La notizia -
data in esclusiva nazionale da PeaceLink - aveva suscitato da una parte
un'interrogazione parlamentare del senatore Semenzato (componente di una
commissione difesa che era completamente all'oscuro della faccenda) e
dall'altra parte le impacciate smentite dell'on.Minniti (braccio destro di
D'Alema) e della Marina Militare, smentite che rasentavano il grottesco
essendo il comunicato di PeaceLink supportato da in una pagina web
ufficialmente del Pentagono.
Si è poi scoperto sulla stampa specializzata che il sistema C4i coinvolge
anche la portaerei Garibaldi. A Taranto dal 2003 è in funzione un sistema
telematico velocissimo in fibra ottica - dieci volte più veloce dell'Adsl -
che serve tutte le strutture della Marina Militare.
Il piano di emergenza nucleare e il freno al porto commerciale. La base Usa
se verrà costruita attrarrà inevitabilmente a Taranto anche le unità
militari a propulsione nucleare per una delicatissima manutenzione. Tutti
i sottomarini Usa sono a propulsione nucleare mentre nessun sottomarino
italiano lo è. L'impatto economico sul porto commerciale sarebbe fortemente
negativo.
Infatti il "Piano di emergenza per le navi a propulsione nucleare" vieta il
transito civile quando c'è transito militare nucleare. Un bel guaio. Per il
porto commerciale è bene citare i dati (resi pubblici su Internet) del
"Piano di emergenza per le navi a propulsione nucleare" (classificato come
"riservato" dalla Marina Militare) il quale piano prevede, nel capitolo
intitolato "Misure da applicare allo scopo di evitare incidenti e pericoli
di collisione durante la manovra di unità militari a propulsione nucleare",
un esplicito divieto di transito civile. Vi si legge testualmente: "Unità
mercantili: il traffico sarà sospeso. Maridipart provvederà a richiedere
alla Capitaneria di Porto la sospensione del traffico precisando inizio e
durata della sospensione (...) La Capitaneria di Porto prenderà
provvedimenti intesi a ritardare la partenza di unità mercantili." Inoltre
la Capitaneria dovrà "far sostare il traffico in arrivo fuori dal porto ed
in posizione tale da non intralciare le unità militari a propulsione
nucleare". Il rischio di una collisione fra una petroliera e un sottomarino
nucleare avrebbe conseguenze devastanti. A Taranto - sono dati ufficiali
dell'Assessorato Risorse del Mare - giungono ogni anno circa 350 petroliere
e "si profila il pericolo derivante dal transito di sommergibili a
propulsione nucleare", si legge nel documento sottoscritto
dall'Assessorato e dai componenti del "Tavolo Azzurro" il 29 gennaio 2003.
I mitili: bioaccumulatori di radioattività. La mitilicoltura e la pesca a
Taranto avrebbero il futuro segnato da una spada di Damocle radioattiva.
Le poche indagini condotte a Taranto segnalano una presenza, seppure debole,
di Cesio radioattivo nei fondali. Ma non sono stati compiuti studi
continuativi sui mitili che sono bioaccumulatori di radioattività.
I militari Usa non hanno alcuna attitudine di mostrarsi trasparenti rispetto
ai controlli sulla radioattività, come dimostra la base Usa della Maddalena
in cui non è possibile il monitoraggio attendibile della radioattività in
quanto le autorità americane non autorizzano analisi ravvicinate da parte
delle autorità sanitarie italiane. Le uniche analisi sulle alghe le ha
svolte un istituto specializzato francese e ha rilevato nelle alghe della
Maddalena livelli di radioattività superiori alla norma dovuti al Torio 234
(si veda Repubblica del 19/1/04).
Gli americani e gli SOS nucleari in Puglia. Gli americani andarono via da
Taranto all'inizio degli anni sessanta dopo aver installato intorno a Gioia
del Colle trenta missili Jupiter a testata nucleare, ognuna della potenza
pari a 100 volte quella di Hiroshima. Due di quei missili rischiarono di
esplodere a causa di fulmini. Quando andarono via gli americani la Puglia
tirò un sospiro di sollievo. Oggi lo Statuto del Comune di Taranto,
all'articolo 1, parla di città operatrice di pace libera da armi di
sterminio di massa. Al contempo non si trova una sola assicurazione che
stipuli a Taranto una polizza di risarcimento in caso di incidente nucleare:
ogni assicurazione esclude esplicitamente a priori la risarcibilità per
questi eventi catastrofici. E che Taranto abbia rischiato grosso lo
testimonia il passato. Nel 1968 il sommergibile atomico americano Scorpion
passò da Taranto il 10 marzo per esplodere il 22 maggio nell'Oceano
Atlantico. Un'altra catastrofe fu sfiorata il 22 settembre 1975 con lo
scontro fra l'incrociatore Belknap e la portaerei Kennedy nello Jonio in
quanto divampò un incendio a bordo le fiamme arrivarono a pochi metri dai
missili nucleari Terrier provocando il più grave SOS nucleare della Us Navy.
Va ricordato che in caso di incidente o disastro i trattati bilaterali
Usa-Italia non consentono alcuna azione penale italiana verso i militari
Usa, come ha dimostrato la tragedia del Cermis.
I reattori nucleari dei sottomarini. I sistemi di propulsione dei
sottomarini possono essere basati su reattori nucleari. Tutti i sottomarini
Usa sono a propulsione nucleare, come pure buona parte di quelli inglesi e
francesi; i sottomarini italiani sono invece privi di propulsione nucleare.
L'energia nucleare è invece stata bandita dalle navi civili per la sua
intrinseca pericolosità. I reattori nucleari sono infatti sono del tutto
identici a centrali nucleari. Sono più piccoli, hanno minore potenza ma
comportano un maggiore rischio di fuoriuscita di radioattività in quanto
sono meno schermati e protetti per mantenere la leggerezza e la
manovrabilità del mezzo. Mentre le centrali nucleari di terra sono
pesantemente protette da barriere di piombo e calcestruzzo e non sono in
movimento, i reattori dei sottomarini a propulsione nucleare sono soggetti
ad urti e scontri, come è ad esempio accaduto al sottomarino Hartford che il
25 ottobre 2003 è finito per incagliarsi nella secca delle Bisce, poco a sud
dell'Isoletta di Santo Stefano (La Maddalena), dove l'istituto francese di
ricerca Criirad (www.criirad.fr) ha rilevato livelli abnormi di
radioattività causati dal Torio 134, un elemento che rientra nella catena
dell'uranio. Grazie al decreto legislativo 230/95 un cittadino può conoscere
preventivamente le informazioni di interesse civile contenute nel piano di
emergenza nucleare della propria città. A Taranto il piano di emergenza
nucleare redatto dalla prefettura prevede, in caso di grave incidente
nucleare, l'evacuazione della città. I pochi minuti dovrebbe essere
somministrato a migliaia di bambini e alle donne in gravidanza un prodotto
per difendere la tiroide dalla nube nucleare contenente iodio radioattivo;
tale prodotto (il Lugol forte) non è in dotazione a nessuna scuola e la
protezione civile della città ne sarebbe di fatto priva in caso di
emergenza. Un'esplosione del reattore nucleare comporterebbe inoltre la
dispersione di plutonio la cui radioattività di dimezza in 24 mila anni. ).
Il chimico Enzo Tiezzi ha scritto: “Un chilo di plutonio disperso
nell'ambiente rappresenta il potenziale per 18 miliardi di cancro al
polmone. Un milionesimo di grammo costituisce una dose letale”.
A Taranto sono state riscontrate nei sedimenti del fondale tracce di
radioattività (Cesio 137) e PeaceLink ha perciò chiesto alla Asl Ta/1
"se nel mare di Taranto vengano versati da strutture sanitarie o da pazienti
sottoposti ad analisi o cure particolari - anche accidentalmente o per
carenza di strutture e metodiche apposite di raccolta - liquidi (biologici o
di laboratorio) contenenti Cesio 137 o altri radionuclidi". La Asl ha
risposto escludendo tale possibilità di contaminazione come pure ogni
contaminazione di origine civile. Per esclusione, se ciò fosse vero, l'unica
contaminazione sarebbe dovuta o a residui dell'incidente di Cernobyl
(improbabile in quanto la radioattività è stata rilevata in punti ben
specifici) o al transito di unità militari a propulsione nucleare... [1]

Nel mese di febbraio 2004, il prof.
Marescotti di Peacelink ha presentato alla cittadinanza di Taranto il
Comitato "No al rischio nucleare - No alla nuova base USA". Nella
stessa occasione sono stati resi pubblici documenti che dimostrano la
possibilità e forse la probabilità che la sesta flotta americana si
trasferisca in Mar Grande, recando nella nostra rada la presenza di navi
a propulsione nucleare, abbondantemente dotate di micidiali ordigni
atomici.
In base alle norme di navigazione, in
presenza di scafi con motori nucleari, le possibilità di manovre in un
porto subiscono notevoli limiti e restrizioni, sicuramente sfavorevoli
alle attività di pesca e mercantili.
L''impatto ambientale di tanti "piccoli" reattori atomici sia importante
e ci sono testimonianze che non deve essere considerato affatto privo di
pericoli (come peraltro suggerisce anche il buon senso). A ciò è da
aggiungere che il rischio di possibili incidenti sia inquietante ed
altrettanto si può dire riguardo ad eventuali atti terroristici.
Qualche giorno fa il sindaco di
Taranto Dibello ha fatto un lungo ed articolato intervento sul
futuro economico e sui progetti di sviluppo della città. Ha
parlato di recupero urbanistico, di tutela dell'ambiente, di
potenziamento del traffico mercantile, di promozione del turismo. Tutto
questo è stato pensato nell'ottica di superare gli svantaggi legati
all'industria pesante. La città ha pagato e paga un prezzo altissimo
in termini di salute ed anche di vivibilità per scelte passate che non
hanno mantenuto ciò che promettevano, che offrivano benessere e
prosperità e che si sono tradotte in malattie spesso mortali. L'
ambiente ha subito e subisce danni estremamente gravi a cui si cerca di
porre rimedio tra evidenti difficoltà e complicazioni.
Ecco perchè la questione del porto
U.S.A. a Taranto è una questione preoccupante, è una questione che
può incidere pesantemente sull'evoluzione di Taranto, è una questione su
cui occorre fare chiarezza e farla senza indugi e senza ambiguità. E'
una questione che va oltre l'ambito locale e diventa di interesse
nazionale.
L'associazione TarantoViva sostiene il
Comitato appena sorto e cercherà di raccogliere adesioni a tale
iniziativa e a diffondere informazioni. [2]
fonti:
http://www.vita.it/articolo/index.php3?NEWSID=39451
[1]
mail di Roberto Petrachi - Associazione tarantoviva.it
[2]
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