Il
problema delle scorie radioattive in USA
Per avere un'idea di massima della enormità del "controllo razionale"
delle scorie della guerra fredda in Russia si può tentare un paragone
con la questione dei rifiuti nucleari negli Stati Uniti d'America.
Anche qui, come hanno riconosciuto una serie di sentenze in tribunale e,
poi, lo stesso governo federale, la gestione dei rifiuti radioattivi
prodotti dalla corsa agli armamenti è stata piuttosto allegra.
Per decenni nessuno (nessun civile, almeno) ha controllato dove e come
questi rifiuti venissero collocati. Tutto è sempre stato in mano ai
militari. E nel corso della guerra fredda nessuno, negli Stati Uniti
come in URSS, si sognava di chiedere conto ai militari delle loro
azioni. Così per decenni milioni di metri cubi di inquinanti radioattivi
sono stati semplicemente pompati e sepolti nel sottosuolo, contaminando
miliardi di metri cubi di suolo. Negli Stati Uniti come in URSS, sono
stati questi i campi di battaglia dove si è combattuta la guerra fredda.
Oltreoceano l'eredità delle scorie della guerra fredda ricade sulle
spalle del Dipartimento dell'energia (DOE). Il dipartimento che
sovrintende ai settori strategici della superpotenza statunitense:
l'energia, la scienza e la produzione di armamenti nucleari.
Ebbene, da almeno un decennio il DOE considera la gestione, provvisoria
e definitiva, delle scorie nucleari il suo compito più importante. Nel
solo anno 2000, infatti, per la gestione provvisoria dei rifiuti
nucleari e dei loro effetti, il dipartimento ha speso 6,4 miliardi di
dollari (più di 13.000 miliardi di lire): 300 milioni di dollari in più
di quanto lo stesso DOE ha speso per la sicurezza nazionale (produzione
di armi nucleari). E mezzo miliardo di dollari in più di quanto l'EPA
(l'Environment Protection Agency) ha speso per affrontare tutte le altre
questioni ambientali degli Stati Uniti. Ma non basta. Per tentare di
dare una collocazione definitiva alle scorie nucleari, che in tutti gli
Stati Uniti occupano un volume di 37 milioni di metri cubi (un po' meno,
peraltro, di quelli che in Russia si trovano nella sola Seversk), e per
cercare di decontaminare le aree dove in questo momento i rifiuti
nucleari di origine militare si trovano, da una decina di anni il DOE ha
messo in cantiere il più grande e costoso progetto, probabilmente, mai
elaborato dall'uomo.
Per risolvere la questione delle scorie nucleari il DOE pensa di
impiegare da 70 a 100 anni e conta di spendere da 200 a 1.000 miliardi
di dollari (da 400.000 a due milioni di miliardi di lire). A grandi
linee, il programma prevede di decontaminare le aree inquinate (le
principali sono dieci), di raccogliere il materiale radioattivo più
pericoloso, disperso in svariati siti e di trasportarlo in due grandi
depositi sotterranei per la sistemazione definitiva: uno,
probabilmente nel New Mexico, destinato ad accogliere i rifiuti
transuranici (contaminati, essenzialmente, da plutonio) a basso e medio
livello di radioattività; l'altro, probabilmente nella Yucca Mountain
del Nevada, destinato ad accogliere i rifiuti di livello radioattivo più
elevato.
Il progetto deve risolvere altre questioni: decontaminare aree
vastissime. Solo a Hanford, nello Stato di Washington, l'area
infiltrata da decenni di scarichi di materiale radioattivo è vasta
(almeno) 1.450 chilometri quadrati (la metà della Valle d'Aosta);
trovare una collocazione sicura per milioni di metri cubi di rifiuti
meno pericolosi e con isotopi radioattivi a vita media relativamente
breve; trovare un sistema che consenta il trasporto sicuro delle scorie
più pericolose da tutti gli Stati Uniti verso il New Mexico e il Nevada;
trovare una sistemazione sicura per isotopi radioattivi con una vita
media dell'ordine delle decine di migliaia di anni. Per nessuno di
questi obiettivi c'è una soluzione anche solo vagamente definitiva.
Attualmente il dibattito sul sito della Yucca Mountain è ancora
aperto. Dal 26 marzo del 1999, dieci anni dopo il progetto, è, invece,
diventato operativo nel New Mexico il Waste Isolation Pilot Plant (WIPP),
l'impianto pilota per l'isolamento dei rifiuti transuranici a media e
bassa intensità radioattiva. L'impianto, capace di accogliere
175.600 metri cubi di rifiuti transuranici, non è certo a regime. Per
ora accoglie rifiuti misti. Solo da gennaio del 2002 inizierà ad
accogliere carichi regolari di rifiuti transuranici provenienti da 10
diversi siti. E solo nell'ottobre del 2002 andrà a regime e sarà in
grado di accogliere 17 carichi a settimana. Se tutto andrà bene,
l'intero trasferimento dei transuranici potrà essere completato prima
del 2034. La messa in sicurezza del deposito richiederà ancora cinque
anni, e sarà completata nel 2039. Solo tra più di un secolo, nel 2134,
cesseranno, infine, i controlli attivi e il contribuente cesserà di
pagare uno dei tanti conti aperti della guerra fredda. Ancora più
complicate e, probabilmente, più lunghe e onerose saranno, infatti, sia
la sistemazione dei rifiuti che gli esperti statunitensi classificano a
un livello "greater than class C", superiori alla classe C, nella Yucca
Mountain o altrove, sia la decontaminazione delle aree oggi inquinate.
Tuttavia il rischio che non tutto vada liscio e che, malgrado 200 o
1.000 miliardi di investimenti, le scorie nucleari continuino a
minacciare il territorio statunitense anche fra cento e più anni non è
affatto remoto. Lo dimostra una relazione della maggioranza repubblicana
presentata alla competente Commissione commercio del Senato degli Stati
Uniti. Secondo il report, la gran parte dei 3,4 miliardi di dollari
spesi dal DOE, negli ultimi 11 anni, per mettere a punto circa mille
nuove tecnologie di decontaminazione da rifiuti nucleari non hanno
prodotto alcun risultato utile. Per esempio, sono state messe a punto 80
diverse tecnologie per ripulire o almeno stabilizzare 177 contenitori di
rifiuti radioattivi particolarmente a rischio che si trovano a Hanford
e, in pratica, nessuna di queste tecniche si è dimostrata davvero utile.
Il DOE smentisce la catastrofica relazione dei senatori repubblicani. Ma
non più di tanto.
Carolyn Huntoon, rappresentante del DOE, sostiene che almeno una tecnica
su cinque tra quelle finanziate e messe a punto si è dimostrata utile e
che in 180 hanno trovato un'applicazione commerciale. Resta il fatto che
il più grande progetto mai finanziato dall'uomo sta partendo, anzi è
partito, con tecnologie che ancora non sono state messe a punto. Gioco
forza i tempi di realizzazione, i costi e, in definitiva, l'esito stesso
del progetto secolare sono in discussione. E questo in un paese, gli
Stati Uniti, che non difettano né di fondi, né di capacità tecnologica,
né di organizzazione, né di determinazione. Cosa accadrà in un paese
che, come la Russia, difetta di tutte queste componenti? La sensazione è
che non sarà facile liberarsi dell'eredità della guerra fredda. E delle
sue velenose scorie. [3]
L' impianto di Hanford (Hanford Engineering Works, HEW), fu
costruito all'inizio del 1943 sulle rive del fiume Columbia, nello Stato
di Washington.
Il terreno su cui sorse, dell'estensione di circa 200.000 ettari, fu
acquistato dall'esercito su ordine del generale Leslie R.Groves,
responsabile del progetto Manhattan; la costruzione del complesso fu
affidata alla Du Pont, colosso americano dell'industria chimica, la
quale impiegò circa 42.000 operai per la sola costruzione di tre
reattori per la produzione del plutonio e quattro impianti per la
separazione del plutonio agli altri prodotti derivanti dalla reazione a
catena. [4]
Attualmente a Hanford (che tra l'altro non è lontana da Seattle), c'e'
il pericolo di una nuova Chernobyl: le scorie radioattive dei
reattori nucleari impiegati per costruire armi atomiche sono state
conservate per venti anni in contenitori inadeguati; per di più gli
agenti chimici utilizzati per neutralizzare il materiale radioattivo si
sono nel tempo decomposti in sostanze altamente esplosive. Pertanto
quei contenitori sono diventati delle vere e proprie bombe atomiche,
pronte a esplodere alla prima scintilla. Per risolvere il problema sono
oggi impiegate 1240 persone, con un budget annuale di 500 milioni di
dollari.
I contenitori sono ben 177, con un diametro medio di oltre venti metri e
con una capacita' complessiva di oltre 160 milioni di litri (senza
contare tre milioni di litri che sono fuoriusciti dalle perdite di 66
contenitori avariati: i contenitori erano stati certificati nel 1948 per
la durata di venticinque anni, e venticinque anni esatti sono durati).
Nel 1990 la Westinghouse, la societa' incaricata dell'ispezione,
rifiuto' persino di esaminare il famigerato contenitore 101SY in quanto
nessuno era in grado di immaginare quale sostanza fosse stata generata
dalle reazioni chimiche in corso e quanto pericoloso potesse essere
l'immersione di una sonda. Soltanto un anno dopo la Westinghouse riusci'
a immettere un video-registratore e il nastro di quella registrazione
fece il giro delle stazioni televisive americane: fu come osservare il
centro di un vulcano alla vigilia di un'eruzione. (Per la cronaca
l'allarme presso il pubblico venne scatenato solo quando nel 1989, in
fase di "perestroika", i sovietici rivelarono che un contenitore simile
esplose nel 1957 negli Urali, come da sempre sospettavano gli americani:
solo che fino al 1989 nessuno aveva fatto notare come simili contenitori
esistessero anche negli USA). [5]
Il Wipp (Waste Isolation Pilot Plant), questo il nome della
discarica atomica, si trova a Carlsbad, nello Stato del New Mexico, in
una miniera di sale a 700 metri sotto terra. I lavori per costruire il
deposito «finale» per quasi un milione di bidoni contenenti materiale
contaminato (vestiti, strumenti, macchinari) proveniente da una decina
di fabbriche di bombe nucleari americane sono cominciati una ventina di
anni fa e sono costati almeno un miliardo di dollari (1200 miliardi di
lire). Anche se il permesso di seppellire scorie radioattive verrà
concesso solo per fini sperimentali, Carlsbad sarà la prima discarica
definitiva a entrare, seppure parzialmente, in funzione. Le 80. 000
tonnellate di combustibile atomico esaurito (ma ancora radioattivo) e le
centinaia di migliaia di tonnellate di materiale contaminato, prodotte
in tutto il mondo dall' industria nucleare, si trovano ancora in
magazzini provvisori vicino alle centrali ed agli impianti atomici.
Persino l' uranio utilizzato da Enrico Fermi nel 1942 è ancora in attesa
di una sistemazione finale. Progettare discariche atomiche non è
semplice: devono resistere al passare del tempo per decine di migliaia
di anni senza lasciar scappare le scorie sepolte che potrebbero
contaminare i nostri ignari posteri. In alcun elementi, come il plutonio
239, la radioattività si dimezza in 24. 000 anni. Isolare queste
scorie per l' eternità (almeno in confronto alla vita umana) non è un'
impresa facile perché quando si parla di venti o trentamila anni è
difficile trovare materiali che assicurino la tenuta o strati geologici
che garantiscano la più assoluta stabilità. Infatti se con il
passare dei secoli i lenti ma inesorabili movimenti della crosta
terrestre dovessero spostare i rifiuti atomici questi potrebbero
ritornare in superficie o finire in qualche falda, con conseguenze
facilmente immaginabili. Fra le varie strategie studiate per disfarsi
degli ingombranti rifiuti (lanciarli nello spazio, seppellirli nei
fondali oceanici, in profonde miniere, o sottoporli a nuove
trasformazioni chimiche) le miniere si sono rivelate la scelta
preferita. Non tutte le miniere vanno bene, anzi solo quelle di sale
sembrano possedere tutti i requisiti richiesti. A Carlsbad, per esempio,
lo strato di sale è profondo un chilometro e da almeno 240 milioni di
anni non si è mosso. La stessa presenza del sale indica inoltre che
nelle vicinanze non scorrono fiumi sotterranei altrimenti si sarebbero
notati i segni dell' erosione. Ma vi sono anche altri vantaggi: le
gallerie scavate tendono a richiudersi a causa della plasticità degli
strati salini. In questo modo le scorie dopo qualche decennio rimarranno
sigillate e inaccessibili ai curiosi e soprattutto all' acqua.
Tuttavia all'atto pratico non tutto è filato liscio nella miniera di
Carlsbad. Il sale conteneva più umidità del previsto e nelle gallerie
appena scavate si formavano pozze d' acqua. Questo fatto ha messo in
allarme. Ma, cosa ancor più preoccupante, è stata scoperta con varie
trivellazioni una sacca d' acqua al confine fra due strati di sale,
alcune centinaia di metri sotto le gallerie del Wipp. Seicento
milioni di litri di acqua salata, densa e ad alta pressione, sono
schizzati fuori dalle trivellazioni e ci sono voluti giorni per
bloccarne la fuga. Si tratta di acqua molto antica rimasta intrappolata
nei giganteschi depositi di sale. Il timore è che fra decine di secoli,
quando ormai qualsiasi segnale della discarica sarà scomparso o divenuto
incomprensibile, qualcuno possa trivellare il terreno e l' acqua uscendo
possa portare con sè elementi radioattivi. I test in programma con i
rifiuti radioattivi dovranno rispondere a diverse domande. Prima fra
tutte: che cosa faranno i gas che si sprigionano dalle scorie?
Reagiranno con l' ossigeno e l' acqua formando miscele esplosive? E la
pressione generata dai gas che effetti avrà sulle gallerie? Migliaia di
sensori sparsi nelle gallerie e collegati ad un computer centrale sono
in attesa di fornire la risposta. Nel frattempo un giudice del Nuovo
Messico ha chiesto di non concedere l' autorizzazione poiché secondo
lui, i responsabili del Wipp non hanno preparato un piano per rimuovere
le scorie nel caso che i test vadano male. [6]
Attualmente in USA le scorie ad alta attività occupano enormi e ormai
datate cisterne presso siti governativi nello stato di Washington, nel
South Carolina, nell’Idaho e nello stato di New York.
Nel 1987 il Governo federale ha ristretto a una sola le proprie opzioni
a lungo termine per lo stoccaggio di queste scorie: l’immagazzinamento
permanente di questi materiali in una serie di gallerie scavate in
profondità nelle rocce di Yucca Mountain, nello Stato del Nevada.
Lo Yucca Mountain è a circa 160 km a nord ovest di Las Vegas, si trova
nelle immediate vicinanze del Nevada Test Site, dove fino a tempi
recenti il Department of Energy eseguiva test nucleari. La montagna
(1500 metri di altezza in pieno deserto del Nevada) è in realtà una
sorta di dorsale, lunga circa 29 chilometri, e in rilievo di qualche
centinaio di metri rispetto al paesaggio circostante. E’ costituita
principalmente di tufo, una roccia formata da ceneri vulcaniche di età
stimata tra gli 11 ed i 13 milioni di anni.
Il deposito dello Yucca Mountain (fin da subito lo stato del Nevada si è
opposto fortemente al progetto, incaricando suoi ricercatori dello
studio di Yucca Mountain) non potrà iniziare a ricevere le scorie,
secondo le stime più recenti, fino al 2015.
Se abbia un senso collocare permanentemente combustibile nucleare
esaurito e scorie radioattive in un deposito geologico profondo è una
questione assai controversa.
Grandi sforzi sono stati fatti per scoprire e analizzare come gli esseri
umani potrebbero essere esposti ai materiali radioattivi di un deposito
sotterraneo di scorie.
Una delle questioni fondamentali che rimangono tuttora irrisolte
riguarda i tempi per cui si vorrebbe che il deposito contenesse le
scorie. Fino a poco tempo fa la scala temporale presa in
considerazione era il limite di 10.000 anni raccomandato dall’Environmental
Protection Agency (EPA). Ma per Yucca Mountain quel limite è stato
contestato dalle considerazioni della National Academy of Sciences
trasmesse all’EPA stessa ed al National Research Council (NRC). In
base a queste il deposito dovrebbe poter contenere le scorie fino a
quando il rischio da esse costituito non cominci a declinare
sostanzialmente, anche se ciò dovesse comportare tempi dell’ordine del
milione di anni. Viceversa sulla base dei migliori contenitori e delle
altre forme di imballaggio disponibile sembra che un deposito come
quello di Yucca Mountain possa evitare una migrazione delle scorie
nell’ambiente in quantità significative per circa 10.000 anni. La
vita prevista di un contenitore di scorie si basa sui tassi di
corrosione dei materiali disponibili per le diverse condizioni
ambientali in cui essi potrebbero trovarsi. [7]
La scelta del sito dove seppellire le scorie è caduta su questo pezzo di
deserto del Nevada – commentò la stampa locale – soprattutto per la
“mancanza di influenza politica del Nevada”. In realtà, qui giocano
diverse carte a favore: per prima la vicinanza con il “Nevada test
site”, con scorie a volontà, ottime strade e personale abituato a
maneggiare rifiuti “altamente radioattivi”. Ma a favore di Yucca sono
anche fattori geofisici: sicurezza sismica – la probabilità di un
terremoto è di una su 100 milioni –, clima arido e profondità delle
falde idriche, che impediscono all’acqua di raggiungere – e distruggere
– il deposito delle scorie. Inoltre presso lo Yucca Mountain ci sono
pochi segni di vita. I resti di un’antica miniera d’oro, due strade
sterrate, il monte gemello chiamato Funeral Montain, che segnala ai
turisti l’ingresso alla lunare Death Valley.
I dettagli del progetto, sono fantascientifici. L’idea è di scavare a
300 metri di profondità una rete di tunnel sotterranei, a spina di
pesce, lunghi 80 chilometri. Quindi stivare le 77 mila tonnellate di
scorie in 12 mila sfere container. E, per finire, allineare i
container nei tunnel – come si infilano le perle di una collana – e
sigillarli uno a uno. La tabella di marcia è già fissata: dopo
l'apertura, durata dei lavori di alcune decine di anni e chiusura
permanente. Lunghezza prevista del deposito: diecimila anni, il periodo
più lungo concepito dalla storia. [8]
per
alcune rapide considerazioni di importanti studiosi sul sito di Scanzano
Ionico, sul WIPP
(New Mexico, USA) e sullo Yucca Mountain (Nevada, USA)
per
approfondire il problema delle scorie radioattive in Russia
Senato Usa approva la discarica "atomica" in
data 10/07/2002
Settantasettemila tonnellate di scorie radiattive da seppellire in
Nevada. Dopo un dibattito durato 20 anni, il Congresso americano ha
approvato in via definitiva, l'apertura del deposito di scorie nucleari
nel Monte Yucca, nel Nevada, 150 chilometri a nordovest di Las Vegas.
Nei prossimi 25 anni vi saranno depositate materiali altamente
radioattivi provenienti da oltre 100 reattori civili e militari del
paese. Il deposito aprirà verso il 2010.
Con 69 voti favorevoli e 39 contrari (fra questi i rappresentanti dello
Stato coinvolto nel progetto e la grande maggioranza degli esponenti
democratici), ha vinto l'amministrazione presidenziale di Bush che lo
scorso mese di febbraio aveva approvato la scelta del sito.
dal sito:
http://web.vita.it/articolo/index.php3?NEWSID=20430
fonti:
http://www.kontrokultura.org/archivio2001/scorie_nucleari/resti_guerra_fredda.html
[3]
http://www.quipo.it/atosi/numero2/fermi/chiara/hanford.htm [4]
http://www.scaruffi.com/feltri/us3.html [5]
http://digilander.libero.it/arti2000/ts99/920212.htm [6]
http://www.wwf.it/ambiente/dossier/NUCLEARE%20USA.pdf [7]
http://www.enel.it/magazine/boiler/arretrati/boiler57/html/articoli/Giammatteo-Yucca.asp
[8]
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