Tecnologie sperimentali e
progetti alternativi per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi: nel passato, nel
presente, nel futuro
Il problema dello smaltimento delle rifiuti
radioattivi ha portato i diversi Stati della mondo ad adottare diverse
soluzioni: gli USA hanno deciso di stoccarli nello Yukka Mountain, in Nevada, senza riciclarli. La
Federazione Russa è propensa a compiere un'operazione simile. Francia,
Belgio, Inghilterra, Giappone hanno invece deciso di riciclarli sotto forma
di MOX (ossidi di U e Pu) e riutilizzarli per aumentare la resa di
produzione di energia e ridurre la quantità degli stessi. Sono due
filosofie completamente differenti con grosse implicazioni politiche e
strategiche, culminanti nel cosiddetto NPT (Non Proliferation Treaty), avente
la finalità di minimizzare il rischio di proliferazione, incidente o
sabotaggio.
Alcune soluzioni sono rese
impossibili:
- depositare le scorie nei ghiacci polari dell'Antartico non è permesso
a seguito di un trattato internazionale il quale sostiene che l'ultimo
continente incontaminato non deve venire a contatto con il nucleare
- seppellire le scorie radioattive nella crosta terrestre ad un livello
sufficientemente profondo perché possano essere risucchiate nel nucleo
incandescente del pianeta, è una possibilità che è già stata studiata
dagli Stati Uniti e dalla Russia, ma non esisterebbero i presupposti
geologici per realizzarla.
Altre soluzioni sono poi state prese in considerazione nel passato e
ancora altre si prendono in considerazione per il futuro. Vediamo alcune
di queste idee.
A -
Lo
smaltimento sotto i fondali marini
B -
La "trasmutazione"
dei nuclei radioattivi a vita media-lunga in elementi stabili
C -
Il Sole come discarica per le scorie nucleari
D -
L'uso civile e
bellico dell' uranio impoverito (il "prodotto di scarto")
E -
Il batterio che ripulisce dalla radioattività
C - Il Sole come discarica per le scorie nucleari
Nell'agosto 2001, nell’ annuale seminario tenutosi al Centro "Ettore
Majorana" di Erice, l’americano David Scott (ex astronauta,
comandante della missione Apollo 15) ha esposto una sua convinzione:
il
Sole è la ideale discarica naturale per tutte le scorie radioattive
della Terra.
Già con i mezzi attuali l’impresa
viene considerata tecnicamente possibile. Gli ostacoli persistono,
semmai, sul piano puramente economico. Per liberare il nostro pianeta
dalla cosiddetta "spazzatura nucleare" occorrerebbero alcune decine di
missioni da condurre con appositi cargo spaziali senza equipaggio spinti
da potenti razzi che sarebbero in grado di condurre il carico fino alla
zona di attrazione gravitazionale del Sole per essere risucchiato nella
sua enorme fornace. Secondo David Scott, sarebbero necessarie alcune
decine di missioni, più o meno il numero equivalente richiesto per
l’assemblaggio della stazione spaziale. Idea allettante e per nulla
proibitiva se non fosse per i costi richiesti da ogni lancio: cento
milioni di dollari. Si tratterebbe di un investimento da sostenere senza
alcuna contropartita se non la sicurezza e la tranquillità del mondo
intero. Va ricordato, infatti, che i tempi di decadimento delle scorie
radioattive sono estremamente lunghi e l’umanità non può permettersi di
attendere centomila anni per riappropriarsi delle aree usate come
deposito. Peraltro la loro bonifica sarebbe comunque lunga e costosa.
L’adattamento dei veicoli spaziali per le esigenze di carico del
materiale nucleare da smaltire prevede l’elaborazione di uno specifico
progetto. Dal momento in cui si decidesse di dare corso al programma,
occorrerebbero da due a tre anni per mettere a punto i requisiti tecnici
del lanciatore e del relativo cargo. Trattandosi di un carico ad elevato
indice di pericolosità, bisognerà salvaguardarlo in caso di problemi
nella fase di lancio. Nel rapporto redatto da David Scott, in qualità di
presidente dell’omonima fondazione per lo spazio con sede in
Inghilterra, il rischio di fallimento viene indicato estremamente basso.
D’altronde i più affidabili sistemi di lancio attualmente utilizzati
hanno raggiunto un’efficienza nell’ordine del 96%, tenuto conto che nei
fallimenti vengono conteggiati anche i cali di pressione ai serbatoi
tali da ridurre la spinta e comportare il mancato raggiungimento della
quota prevista in orbita. L’ex astronauta, protagonista dell’epopea
lunare, ha raccolto consenso e interesse da parte dei 110 scienziati
riuniti a Erice. Il problema delle scorie radioattive è un’emergenza di
cui si parla ormai dagli Anni ’70 e minaccia di crescere con la costante
crescita del fabbisogno di energia e del conseguente funzionamento delle
centrali basate sul processo di fissione nucleare che produce l’isotopo
plutonio 239 come materiale di scarto. Per liberarsene i governi
mondiali devono produrre uno sforzo economico ingente. Le risorse
necessarie per avviare un progetto spaziale dovrebbero scaturire da un
fondo internazionale comune per non incidere sulla bolletta dell’energia
prodotta attraverso la tecnologia nucleare. Scott fuga ogni dubbio anche
sull’obiettivo delle missioni, che scaricherebbero nel Sole le scorie
senza comportare rischi per la nostra stella. Sarebbe come aggiungere
una pagliuzza ad un gigantesco covone. Più che un bombardamento si
tratterebbe di alimentare con un minuscolo cerino il fuoco nucleare del
Sole. [9]
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