L'incredulità
del mondo scientifico: J. K. Mitchell, B. De Vivo, Piero Risoluti e
Tullio Regge
Prof. James Kenneth Mitchell,
Membro della Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti
“Procedere con lo sviluppo del sito prima di realizzare uno studio profondo
e dettagliato della stratigrafia, dell’idrologia, delle proprietà dei
materiali, delle interazioni a lungo termine e del comportamento del sistema
rifiuto-terreno, è del tutto privo di buon senso.”Mitchell sostiene che “lo
stoccaggio a lungo termine di rifiuti radioattivi in condizioni di sicurezza
richiede conoscenza profonda e comprensione di tutti questi argomenti se si
deve assicurare una appropriata protezione del pubblico e dell’ambiente.
Eseguire variazioni in fase di progetto e di costruzione, una volta iniziate
tali attività, non potrà superare una selezione iniziale del sito
inappropriata.” Gran parte della ricerca di Mitchell si è sviluppata sulle
proprietà ed il comportamento dei suoli, sulla base delle interazioni
fisiche e chimiche. I suoi studi sono stati usati per mitigare i rischi di
collasso del terreno durante i terremoti. Il suo testo “Fundamental of
Soil Behaviour”, è diventato il riferimento standard per tutti i corsi di
geotecnica negli Stati Uniti. Sostiene ancora Mitchell: “dalle
informazioni fornite, appare che il sito di Scanzano Jonico possiede
parecchi aspetti che ne fanno una scelta infelice per un deposito di rifiuti
radioattivi”. Per l’autorevolezza dello scienziato desta particolare
apprensione il fatto che “i rischi potenziali sono così grandi da
contrastare con forza lo sviluppo del sito a prescindere da studi ed analisi
supplementari”. (26/11/03)
Prof. Benedetto De Vivo, Professore Ordinario di Geochimica
Ambientale, Università di Napoli Federico II
“La decisione del Governo Italiano che ha portato all’individuazione delle
miniere di sale di Scanzano Jonico quale sito per l’immagazzinamento di
scorie radioattive solleva notevoli perplessità.” “Fin dagli anni cinquanta
– continua De Vivo - le miniere coltivate nei duomi salini (strutture
risultanti dalla risalita di masse saline) sono state considerate negli
Stati Uniti adatti per la costruzione di siti permanenti per immagazzinare
scorie radioattive. Gli studi sperimentali, per mezzo delle inclusioni
fluide, hanno permesso di determinare quanta acqua può venire liberata e
messa in movimento quando in tali depositi salini si introduce una fonte di
calore esterna, quale è quella derivante dall’immagazzinamento di scorie
radioattive. La previsione del comportamento di questi fluidi interstiziali,
- aggiunge il Professore - chimicamente altamente reattivi, sotto l’influsso
di una fonte di calore, quale è quella derivante dalle scorie radioattive,
risulta importante in considerazione dell’effetto corrosivo che essi possono
esercitare sui contenitori metallici delle scorie”.
Negli Stati Uniti, sottolinea De Vivo “sono stati valutati, dopo il
1955, i seguenti progetti per l’immagazzinamento delle scorie radioattive:
1) WIPP (Waste Isolation Pilot Plant) nelle formazioni saline del New Mexico
e Texas; 2) Hanford nello Stato di Washington; 3) Yucca Mountains nel
Nevada. Fra questi tre il privilegiato, inizialmente, era il WIPP per le
considerazioni indicate nell’introduzione. Ma le evidenze negative,
risultanti in particolare dagli studi effettuati con la tecnica delle
inclusioni fluide, hanno fatto considerare come “geologicamente instabili” i
siti nelle formazioni saline, portando ad una decisione preliminare di
eliminazione dei siti del New Mexico e del Texas per l’immagazzinamento
delle scorie radioattive.
Successivamente, anche in considerazione del fatto che nel progetto WIPP era
stato speso più di 1 miliardo di dollari, si è deciso di immagazzinare nei
siti salini SOLO le scorie a bassa energia. Le scorie ad alta attività non
sono ammesse! Le scorie ad alta energia sono state destinate nelle Yucca
Mountains (prodotti di fissione, “attivi” da 1.000 a oltre 10.000 anni di
vita). Tuttavia l’attivazione del sito delle Yucca Mountains sta subendo dei
ritardi in quanto, a seguito di dettagliate ricerche, si sono trovate
evidenze dell’esistenza di sismicità in epoche geologiche passate
(risultando peraltro la sismicità attuale assente). E’ il caso invece di
rimarcare che la Basilicata al contrario è attualmente classificata come una
regione sismicamente attiva”. “Nelle procedure proposte – denuncia
inoltre il Professore dell’Università Federico II di Napoli - sono disattesi
i più importanti criteri, emanati dall’Agenzia Internazionale dell’Energia
Atomica (IAEA), per scelta di un sito geologico per l’immagazzinamento
di scorie radioattive. Ad esempio: la zona non deve essere né sismica né
vulcanica; non deve essere vicina a fiumi, laghi o falde acquifere
superficiali; non deve essere vicino a centri abitati o in zone dove
ragionevolmente si prevede uno sviluppo urbano; non deve essere in montagna
o su coste soggetto a frane erosioni, alluvioni; non deve essere in zone
dove sono presenti giacimenti petroliferi o di gas”. “Il sito di Scanzano
Jonico – conclude De Vivo - è caratterizzato dalla presenza di quasi tutti i
sopracitati criteri negativi (ad eccezione della presenza di vulcanismo).
Particolarmente grave è la circostanza della presenza di un giacimento
metanifero a circa 1 km di distanza dal sito proposto per il sconfinamento
delle scorie. Basta solo questa presenza per rendere veramente
improponibile il sito per il confinamento delle scorie”. (26/11/03)
[1]
A parte la vivace e ferma opposizione
della popolazione locale, la soluzione del deposito unico e sotterraneo in
Basilicata non convince dunque neanche la maggioranza degli esperti, che la
reputano irrealistica rispetto ai tempi di realizzazione previsti e
sovradimensionata rispetto al problema che deve risolvere.
"Dire che si possa realizzare un deposito geologico in sei-sette anni è
un nonsenso", dice
Piero Risoluti, l'ingegnere che ha diretto fino al 2001 la task force
dell'Enea per il sito nazionale dei rifiuti radioattivi. "Il deposito americano
denominato Wipp (Waste Isolation Pilot Plant) a cui si rifaceva quello di
Scanzano", spiega l'esperto, "ha richiesto 25 anni, tra studi, processo
autorizzativo, costruzione e autorizzazione all'esercizio". [2]
Questo tipo di strutture - ha spiegato Piero
Risoluti - servono per immagazzinare grandi quantità di materiale fortemente
radioattivo. Al mondo non ne esistono molti esempi proprio perché i diversi
paesi che sono interessati a realizzarlo stanno studiando molto
dettagIiatamente le caratteristiche fisiche e geologiche dei diversi siti
scelti. Si tratta a volte di banchi di argilla o di salgemma, ma anche di
granito . Un deposito di questo tipo è quello americano 'WIPP" dove vengono
stoccate le scorie nucleari prodotte dall'industria militare. Invece in
altri paesi come la Francia e la Germania, impianti del genere sono ancora
in fase di studio e di ricerca. Un deposito di profondità - ha detto
Risoluti - ha dei costi e dei tempi di realizzazione enormi dell'ordine di
venti o trenta anni anche dopo aver individuato il sito. Inoltre vanno bene
per quei paesi che hanno un'elevata produzione di scorie ad alta attività
che ha cioè un'industria nucleare ancora attiva. Non è questo il caso
dell'Italia che invece ha poche scorie di questo tipo e a bassa intensità.
[3]
L'opinione di Tullio Regge in merito
alla "questione Scanzano" è presente in un articolo della rivista "Le
Scienze" di gennaio 2004 e qui sotto riportata:
"Il Governo ha certamente commesso un grave errore politico: ha infatti
tentato di imporre la decisione senza consultare le autorità locali, e
non ha informato a tempo debito la popolazione sulle caratteristiche del
progetto. E tutto questo ha scatenato una campagna terroristica contro il
nucleare orchestrata da demagoghi di ogni genere.
Il sito doveva custodire scorie nucleari vetrificate ad alta attività in uno
strato di salgemma sepolto in profondità sotto una coltre di argilla. E
questa, a detta degli esperti, sarebbe una sistemazione molto sicura.
Il danno all’immagine di Scanzano come centro turistico e di agricoltura
pregiata sarebbe stato in ogni caso reale e rilevante: bastava il chiasso.
Sono volate accuse infuocate, ed è tornato ad affacciarsi lo spettro di
Chernobyl, d’obbligo in questi casi.
Come abbiamo detto, si trattava invece di ceneri vetrificate. E in questo
tipo di scorie non si possono verificare reazioni nucleari e sarebbero state
ben custodite in un bunker naturale in cui da tempo immemorabile non è
passata acqua. Parole al vento.
Nessuno, neppure tra i Verdi, ha sentito l’obbligo di citare obiezioni
sollevate da esperti, come per esempio Pietro Risoluti, dell’Enea, sulle
quali sarebbe invece opportuno aprire un dibattito. Al momento esistono, in
Italia, solo quattro centrali nucleari, nessuna delle quali è operativa.
L’ammontare di scorie prodotte è molto modesto rispetto a quanto avviene
in Francia e in altri paesi europei.
Detto questo, il sito di Scanzano avrebbe comunque richiesto investimenti
dell’ordine di alcuni miliardi di euro, perciò è lecito esplorare soluzioni
alternative. La proposta di suddividere le scorie in parti uguali tra le
Regioni avrebbe portato al calor bianco la sindrome del NIMBY (Not In My
Backyard) e creato decine di Scanzano in tutto il paese. Il meno peggio, al
momento, è lasciare le scorie nei siti in superficie in cui sono custodite,
certamente meno sicuri ma anche meno costosi di quello di Scanzano. Varrebbe
piuttosto la pena di potenziare le misure di sicurezza già esistenti in
attesa di soluzioni politiche.
Sul pianeta ci sono deserti vastissimi e spopolati in cui sistemare le
scorie, previo accordo internazionale che contempli anche un sostanzioso
aiuto ai paesi che le ospitano. Sono favorevole a questa soluzione, purché
tutto si svolga alla luce del sole, nella massima sicurezza e nel rispetto
dei diritti dei popoli." [4]
per conoscere
i dubbi espressi in Parlamento dal presidente dell’Enea Carlo Rubbia in
merito allo studio effettuato dalla Sogin su Scanzano Ionico
per
approfondire il problema delle scorie radioattive in Russia
per
approfondire il problema delle scorie radioattive in USA
fonte:
www.ilpomeridiano.it
[1]
http://www.galileonet.it/Magazine/mag0344/0344_2.html
[2]
http://www.reaspa.it/rassegna/rassegna.cfm?ID=293&testata=gazzetta
[3]
http://www.noalnucleareinbasilicata.com/noalnucleare.php?ap=407
[4]
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