L' ecomafia dei rifiuti in Italia
Le attività illecite legate allo smaltimento
dei rifiuti hanno avuto, negli ultimi anni, un allarmante sviluppo. E’ il
nuovo volto dell’ecomafia che ai profitti derivati
dall’abusivismo edilizio ha affiancato quelli determinati dal traffico
illegale di rifiuti. Secondo Legambiente, che nel gennaio dello scorso anno
ha presentato il rapporto "Le nuove frontiere dell’Ecomafia", l’intero
business supera i 21 mila miliardi di lire all’anno.
Il preoccupante fenomeno ha il suo epicentro nel Mezzogiorno dove si
registra il 40 per cento dei 78 mila reati contro l’ambiente denunciati nel
triennio ‘94-96. Le regioni più interessate sono, infatti, la Puglia, la
Basilicata, la Sicilia e la Calabria, ma il triste primato di illegalità
ambientali, riferite sia al ciclo dei rifiuti sia a quello del cemento,
spetta alla Campania. Nell’area vesuviana la Guardia di Finanza ha
sequestrato un numero impressionante di discariche abusive, anche di grosse
dimensioni (una di queste presentava un’estensione di ben 4 km e una
profondità di 30 m!), utilizzate per smaltire illegalmente sia i rifiuti
urbani che quelli tossico nocivi (che richiederebbero, invece, specifici
trattamenti, da effettuarsi in adeguati impianti, prima del loro
smaltimento). Si tratta, in genere, di discariche illegali realizzate
all’interno di ex cave per l’estrazione, altrettanto illegale, di sabbia e
inerti. Il meccanismo è quello caratteristico del circuito economico dell’ecomafia:
parte dal controllo sul territorio e sulle attività estrattive e conduce
alla trasformazione delle cave in discariche per ogni
sorta di rifiuti.
Tra i clan mafiosi
delle province di Caserta e Salerno si è diffusa una nuova e
inquietante pratica che consiste nell’ottenere l’autorizzazione alla
costruzione di
vasche per l’itticoltura e la lombricoltura, da utilizzare invece come
discariche per
liquami fognari e fanghi industriali. Una grossa fetta del traffico di
rifiuti provenienti dal Nord è destinato anche alla provincia di Matera,
che presenta un territorio particolarmente idoneo a questo tipo di attività
in quanto scarsamente abitato e con numerose vie d’accesso. In quest’area sono
stati riscontrati ripetuti smaltimenti abusivi lungo il fiume Basento, con
conseguenti episodi di morie di pesci, mentre una vicina discarica
consortile si trova in condizioni di semi abbandono!
Ecco le modalità tipiche delle organizzazioni
mafiose: i camion carichi di rifiuti giungono, nelle ore notturne, in
corrispondenza di buche che, dopo essere state riempite, vengono
immediatamente coperte. I fanghi di depurazione e i rifiuti industriali
liquidi, formalmente destinati a inesistenti impianti di depurazione e
riciclaggio, sono più spesso sversati direttamente nel territorio.
Accanto all’incontrollato diffondersi di
velenose ferite inferte al suolo si moltiplicano anche gli episodi di
inquinamento delle acque marine. Si tratta in genere di vere e proprie
"carrette" dei mari, coperte da premi di assicurazione per incidenti di
questo tipo, che consentono all’organizzazione mafiosa di realizzare un
evidente duplice affare! Al largo della costa salernitana sono state
rinvenute, invece, le più tradizionali discariche marine, determinate dallo
scaricamento in mare del pericoloso contenuto delle stive, come testimoniano
i rifiuti che più volte restano impigliati nelle reti utilizzate per la
pesca a strascico. [1]
Ogni anno in Italia, su un volume complessivo di 108mila tonnellate di
rifiuti, 35mila vengono smaltite attraverso modalità non corrette o del
tutto illecite
dalle organizzazioni criminali, come Cosa Nostra in Sicilia, la 'Ndrangheta
in Calabria, la Sacra Corona Unita in Puglia o la Camorra napoletana,
incaricate della raccolta, lo stoccaggio e il riciclaggio.
In base al "Documento sui traffici illeciti e le
ecomafie", approvato dalla Commissione parlamentare nell’ottobre del 2000, e
ad alcune inchieste in corso presso le Procure di Asti e Roma, emergono
alcuni particolari inquietanti: la maggior parte dei rifiuti tossici
provenienti dall’Italia finirebbe in Somalia. Alcuni testimoni, sentiti
dai magistrati nel corso delle inchieste, hanno dichiarato che la cosiddetta
"strada dei pozzi" — nota a tutti in Somalia come "strada della cooperazione
italiana" — è una strada che non va e non viene da nessuna parte, poiché
unisce tre gigantesche discariche abusive. Gli stessi testimoni narrano di
lavori di interramento di rifiuti tossici compiuti da operai italiani muniti
di apposite tute, ma più spesso affidati a manodopera locale del tutto
ignara dei gravi rischi per la salute.
Altro luogo "eletto" allo smaltimento illecito dei rifiuti sembra essere il
Mozambico, vera e propria discarica mondiale. Secondo un’inchiesta della
Direzione distrettuale Antimafia di Milano, in questo Paese opera dal 1996
una società (filiale mozambicana di un gruppo argentino) specializzata
nell’installazione di impianti per lo smaltimento di rifiuti di ogni genere.
L’impresa ha ottenuto tutte le necessarie autorizzazioni per importare
rifiuti da ogni parte del mondo; il problema (documentato) è che non esiste
nessun impianto e migliaia di tonnellate di pattumiere di ogni tipo,
provenienti da tutti i continenti, giacciono in una enorme discarica a cielo
aperto. Le connivenze delle autorità mozambicane sono evidenti. [2A]
Ed è ormai quasi fuor di dubbio il perchè della morte della giornalista
Rai Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin avvenute in Somalia
durante la missione ONU “Restore Hope” nel 1994, sebbene l' autorità
giudiziaria ad oggi non ha ancora accertato chi furono i mandanti del
duplice omicidio.
Secondo l’avvocato di Giorgio e Luciana Alpi, gli inquirenti dovrebbero
accertare che l’omicidio di Ilaria Alpi non sia stato proprio un omicidio
“di Stato”. Infatti Ilaria Alpi stava da mesi indagando su un presunto
traffico di armi e rifiuti tossici (soprattutto scorie nucleari) tra Italia
e Somalia. Un traffico di interesse strategico per una nazione che ha
bisogno di terreno per insabbiare rifiuti e l’altra (perennemente in guerra
civile) che vuole essere pagata soprattutto con armi.
Ilaria Alpi aveva lasciato molte tracce in questa direzione, ma non sono mai
state seguite. Se non da uno dei tre magistrati che ha preso in mano
l’inchiesta: Giuseppe Pititto, il quale, nel ‘97, con una motivazione
pretestuosa, è stato esonerato dall’incarico. [2B]
Ma restando in Italia, è in Campania il «triangolo della monnezza», tra Qualiano,
Giugliano e Villaricca: qui, a 25 chilometri da Napoli, comincia l' area che
nel piano regolatore della camorra è stata assegnata alla sepoltura illecita
dei rifiuti. E' una zona ampia, divisa tra i clan che controllano il
Napoletano e il gruppo dei Casalesi. Qui la ricchezza ha cambiato fonte. Una
volta il fatturato veniva dagli ortaggi, dalle primizie, dalla falanghina,
dal turismo. Oggi viene dalla diossina, dai metalli pesanti, dai fenoli, dai
pcb. Secondo il Rapporto Ecomafia 2003 della Legambiente, la gestione dei
rifiuti pericolosi in Italia frutta 2 miliardi e mezzo di euro all' anno.
E basta girare una giornata nelle stradine che portano alle discariche,
nella zona che va dal Napoletano a Casal de Principi, per capire che una
parte significativa di questi proventi viene dalla Campania: lo segnala l'
abbondanza dei camion accompagnati dalle Mercedes e l' assenza delle auto
della polizia e dei carabinieri. Chi è della zona sa quando può passare e
quando è meglio tirare dritto facendo finta di niente: è più salutare
distrarsi mentre i Tir si fermano per scaricare una parte dei 6,7 milioni di
tonnellate di rifiuti speciali che ogni anno spariscono nel nulla grazie al
collaudato sistema del «giro di bolla», la contraffazione delle
certificazioni di provenienza necessarie al trasporto.
Del resto i rifiuti costituiscono solo un segmento del ciclo di
lavorazione della malavita organizzata. Qui la camorra prima ha guadagnato
scavando illegalmente le cave. Poi riempiendo i buchi con i rifiuti
pericolosi. Infine costruendoci sopra le case. La tragedia è che questo
sistema illegale è l' unico che qui dà lavoro.
Il prezzo da pagare per quest' economia clandestina è pesante. Secondo la Asl
di Giugliano i decessi per malattie tumorali sono saliti dal 27, 5 per cento
del 1994 al 31, 4 del 1996. E nell' agro aversano i tumori per i quali è
stata chiesta l' esenzione dal ticket sono passati dai 131 casi del 1996 ai
560 del 1999.
La chiusura dei conti con il passato è il nodo mai sciolto. Love Canal, la
più famosa discarica degli Stati Uniti, quella che inquinava la cascate del
Niagara, è stata bonificata grazie a lavori durati 21 anni e costati 400
milioni di dollari. In Campania invece il patto «nuovi impianti a regola in
cambio della bonifica del pregresso» non è stato rispettato. Così l'
inquinamento procede a strati, come in uno scavo archeologico: sotto i
rifiuti tossici e forse radioattivi degli anni d' oro dell' ecomafia, sopra
quelli degli scarichi abusivi più recenti, in cima gli ultimi rifiuti,
quelli che godono di un bollo di ufficialità che si sta appannando.
[3A]
Un po’ di storia recente fa capire esattamente cosa c’è in gioco dietro
questa emergenza. La camorra ha sempre fatto la parte del leone nel
settore rifiuti, con lo smaltimento illegale e con la compiacenza di tutte
le autorità. Di fronte allo scoppio dell’emergenza del 1994, il governo
pensò bene di creare dei commissari speciali preposti alla gestione del
problema. Dapprima sono stati i prefetti a svolgere questo incarico e
poi successivamente i presidenti delle regioni, che, data la qualifica di
commissari speciali per l’emergenza, possono usare una legislazione che
permette loro di scavalcare tutte le legislazioni di ogni ordine, emettendo
ordinanze appunto speciali.
Primo presidente regionale ad essere commissario fu Antonio Rastrelli, di
AN, che progetta un piano per la regione Campania nel quale si prevede di
costruire in Campania cinque termovalorizzatori (o inceneritori o
termodistruttori che dir si voglia): due per Napoli e Provincia e tre
per le altre Province. Tuttavia non furono mai realizzati sia per la ferma
opposizione della popolazione dei centri di prevista localizzazione dei siti
sia perché la giunta non ebbe il tempo necessario poiché cadde l’anno
seguente. Questo piano sarà riscritto più volte a causa dell’approvazione
del Decreto Ronchi, dove cambiarono i parametri e i riferimenti normativi.
Comunque l’ultima versione della proposta Rastrelli prevedeva sette impianti
di stoccaggio (dove i rifiuti sono trasformati in compost e quindi in
combustibile) e due termovalorizzatori di elevata potenza.
Così si effettua la gara di appalto, alquanto singolare: il commissario
speciale non propone nessuna zona dove costruire gli impianti, ma lascia la
scelta alle aziende che vinceranno la gara, col solo obbligo di costruirlo
in zona ASI (area sviluppo industriale, cioè la zona a cavallo fra le
province di Napoli e Caserta in questo caso) e senza alcun controllo di
alcuna istituzione. Di fronte a tale prospettiva semplicemente incredibile
anche la Commissione Europea ha denunciato l’Italia per non osservanza delle
norme riguardanti la valutazione dell’impatto ambientale. Nonostante ciò la
regione Campania procedette all’assegnazione degli appalti (nel frattempo l’Udeur
aveva fatto cadere la giunta Rastrelli).
Vince l’appalto la FIBE, consorzio imprenditoriale capeggiato dall’Impregilo
di Cesare Romiti, vittoria ottenuta grazie a prezzi più bassi e macchinari
più vecchi, la FIBE individua come siti in cui costruire termovalorizzatori
Acerra e Battipaglia, che in seguito alla sua dichiarazione di zona
prevalentemente agricola e alle pressioni delle varie confraternite diessine
della zona, viene sostituita con Santa Maria la Fossa, centro agricolo della
piana del Volturno e in provincia di Caserta.
Bassolino vince le elezioni regionali con un programma nel quale si
diceva chiaramente di revocare il commissariamento straordinario e
l’opposizione a qualsiasi inceneritore. Ma, dopo le elezioni, prevale la
scelta della continuità amministrativa: Antonio Bassolino è il nuovo
commissario ai rifiuti e procede con il progetto degli inceneritori.
Cominciano le proteste ad Acerra, dove si costituisce un Comitato contro
l’inceneritore; mentre Bassolino commissiona lo studio del territorio alla
SOGIN (sì, la stessa di Scanzano Ionico). Serrate cittadine, occupazioni del
territorio, scioperi si susseguono, ma ad oggi la situazione è lungi
dall’essere risolta.
Le proteste si estendono anche e soprattutto nelle zone dove ci sono le
discariche. In Irpinia, nel Sannio, nell’Agro Aversano, dovunque ci sono
mobilitazioni spontanee periodicamente contro la devastazione del
territorio. Ma il grosso limite è il campanilismo, è la mancanza di seri
coordinamenti territoriali che possano unificare la lotta, perché la camorra
gioca un ruolo fondamentale in tutto questo. Nelle campagne della zona del
Volturno ci sono discariche a cielo aperto del tutto abusive dove vengono
gettati i rifiuti di molte industrie, anche del Nord, e nessuno dice niente.
I sindaci si preoccupano solo di passarsi i sacchetti da sversare (l’esempio
è lo scontro fra il sindaco di Aversa, della Cdl e l’ulivista primo
cittadino di Marcianise). Ma dopo tanti sforzi fatti nel tentativo di
tenere a bada la problematica dei rifiuti, il presidente della regione
Bassolino si è visto obbligato alle dimissioni da Commissario
straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania, invocando la nomina di un
commissario governativo per risolvere la situazione. E così il Consiglio
dei Ministri ha quindi nominato nel febbraio 2004 l’ex prefetto Corrado
Catenacci (area FI) come nuovo Commissario per l’emergenza rifiuti. [4]
Dunque il "progetto per un ciclo virtuoso" che avrebbe dovuto far tornare alla
normalità la regione Campania che da dieci anni vive in emergenza, si basava
su tre pilastri:
- il primo è la bonifica delle discariche selvagge (che non c' è stata).
- il secondo sono gli impianti da cui, attraverso la selezione dei rifiuti,
doveva uscire il Combustibile Derivato dai Rifiuti (CDR), un materiale che, con
involontaria ironia, è stato chiamato «ecoballe»
- il terzo era la costruzione di inceneritori che, visto il quoziente di
fiducia nelle istituzioni, continuano ad essere respinti a furor di popolo.
«La selezione non funziona: il cosiddetto cdr è in realtà molto simile al
rifiuto tal quale», accusano Ruggiero e Del Giudice. «Il cdr risponde ai
requisiti di legge», replica Armando Cattaneo, amministratore delegato della
Fide Fisia, la società del gruppo Impregilo che ha vinto la gara per la
gestione dei rifiuti in Campania. «In Campania si producono 7.300 tonnellate
di rifiuti al giorno. Ne trasformiamo il 35 per cento in cdr. Il che
significa che produciamo 1.900 balle al giorno. Basterebbe riuscire a
costruire i termovalorizzatori per chiudere il cerchio e risolvere il
problema».
Non sono in molti a nutrire tanto ottimismo. Ad esempio il presidente della
Commissione bicamerale rifiuti, Paolo Russo, ha ricavato un' immagine
diversa da un' ispezione di tre giorni in Campania: «La qualità del cdr
racchiuso nelle balle è un punto fondamentale. Parlando con i sindaci e con
la gente del posto si sente sempre ripetere che si tratta sostanzialmente di
rifiuto tal quale. Per l' Agenzia per la protezione ambientale della
Campania invece è tutto in regola. Ma, secondo l' Agenzia per la protezione
ambientale di un' altra Regione, la situazione è irregolare. Ora se
veramente avessimo accumulato e disseminato sul territorio un milione e 300
mila balle di rifiuti sarebbe un disastro nel disastro: questo materiale è
stato trattato senza precauzioni particolari perché tutti erano convinti che
fosse combustibile. E' un sospetto agghiacciante e per chiarire la questione
ci siamo rivolti a un istituto internazionale di chiara fama. Ma resta il
fatto che a Napoli, a Milano, a Palermo, il Comune gestisce i rifiuti nel
suo territorio. Mentre in Campania ci sono territori di serie A, che
producono i rifiuti, e territori di serie B, che li devono smaltire senza
trarne benefici».
Per risolvere il problema ci sarebbe anche un' altra soluzione, quella
suggerita dagli ambientalisti e dall' Unione Europea: diminuire la quantità
di rifiuti attraverso una raccolta differenziata molto efficiente. Il
fatto che nella provincia di Nola siano arrivati a raccogliere in questo
modo il 60 per cento dei rifiuti dimostra che la Campania sarebbe in grado
di competere con le aree super ecologiste nel Nord Europa.
[3B]
Ecco perchè è singolare l' emergenza rifiuti
della Campania:
- è stata pianificata con cura in modo da garantirsi che durerà per lo
meno altri tre anni (tanto tempo ci vuole per costruire almeno un
termovalorizzatore)
- viene alimentata dal continuo arrivo di rifiuti provenienti dalle
regioni settentrionali
- collima perfettamente con l' allarme della magistratura sull'
attivismo dell' ecomafia.
Enrico Fontana, responsabile dell' Osservatorio ambiente e legalità
della Legambiente, ricostruisce la surreale vicenda campana come un
meccanismo sapientemente montato per raggiungere lo scopo.
Era già tutto previsto?
«Se non era previsto era prevedibile. Partiamo dall' ultimo dato. La
Campania si trova inondata di rifiuti perché tre impianti per la
produzione del CDR (Combustibile Derivato dai Rifiuti) si sono dovuti fermare
avendo saturato le aree di stoccaggio provvisorio per le ecoballe
prodotte dagli impianti gestiti dalla Fisia-Italimpianti, l' azienda che
ha vinto la gara e che avrebbe dovuto costruire anche i termovalorizzatori
per bruciare successivamente le ecoballe».
Ed è questo un punto: al momento non è stato ancora costruito nessuno
dei 2 termovalorizzatori previsti in Campania e da qui l'immenso
accumulo di ecoballe. Infatti, come detto, la costruzione dei termovalorizzatori è ancora
bloccata dalle contestazioni locali e da ricorsi alla magistratura.
Quanto spazio occorre per queste ecoballe, volendo usare una parola che
sembra coniata da un umorista?
«Questo è il punto. Per la Campania servono due ettari al mese. E nella
migliore delle ipotesi per costruire i termovalorizzatori occorreranno
altri tre anni. Il che vuol dire che bisognerebbe trovare 72 ettari
disponibili, l' equivalente di 72 campi di calcio. Bastava fare una
semplicissima moltiplicazione per capire che lo stoccaggio provvisorio
avrebbe rappresentato un serio problema. Non è stato fatto perché si
continua a inseguire la soluzione super tecnologica invece di prestare
attenzione all' approccio ecologico, che in questo caso suggerisce di
ridurre i rifiuti attraverso una radicale raccolta differenziata».
Adesso per far posto alle ecoballe ci sono due soluzioni: o riaprire le vecchie
discariche (un' emergenza all' interno dell' emergenza) oppure sperare
nella "solidarietà" di altre regioni italiane.
«Riaprire le vecchie discariche gestite allegramente negli anni Ottanta
e oggetto di molte inchieste della magistratura è un paradosso».
Ma esiste un' alternativa?
«Esiste. Il primo è un' indagine a tappeto su cementifici, centrali
elettriche e altri impianti in grado di bruciare da subito le ecoballe
campane. Il secondo è l' uso dei poteri straordinari del commissario per
imporre la raccolta differenziata secco umido. Lanciare questa raccolta
significa sia ridurre i volumi totali in gioco semplificando il problema
che migliorare la qualità del combustibile da rifiuti, oggi assai dubbia
secondo lo stesso presidente della Commissione parlamentare d' inchiesta
sul ciclo dei rifiuti».
In pratica si tratta di mettere in un sacchetto la parte organica della
spazzatura, gli avanzi della cucina..
Chi ha interesse a non farlo?
«Una risposta la offre la relazione del procuratore generale presso la
Corte di appello Vincenzo Gargano all' inaugurazione dell' anno
giudiziario 2003. Leggo il virgolettato: "Le indagini hanno
evidenziato come l' emergenza rifiuti avrebbe spinto talune
amministrazioni ad affidare i servizi di smaltimento dei rifiuti "senza
regolari gare". Da tale situazione hanno tratto beneficio personaggi
vicini ad organizzazioni criminali di tipo camorristico".
La presa dell' ecomafia è ancora in crescita?
«Ormai siamo alla camorra diffusa. Per togliere i rifiuti dalle strade,
dove sono sotto gli occhi di tutti, e magari buttarli in un prato sopra
una falda idrica ma lontano da sguardi indiscreti, si usano i camioncini
della camorra». [5]
Con un decreto legge varato il 6 ottobre 2006
dal Consiglio dei Ministri è stato nominato Guido Bertolaso come
nuovo commissario all' emergenza rifiuti in Campania, al posto del
dimissionario Corrado Catenacci.
Guido Bertolaso è attualmente anche il capo del Dipartimento della
Protezione Civile e pertanto per permettere uno svolgimento delle sue nuove
funzioni sarà affiancato da Carlo Alfiero, che sarà un co-commissario che
agirà a livello paritetico. Inoltre è intenzione del nuovo commissario
ridurre in tempi breci l' attuale struttura commissariale della Regione
Campania composta da circa 100 persone al momento e incrementare quanto più
possibile la raccolta differenziata. [6]
Il periodo di commissariamento sotto il comando di Guido Bertolaso è
costellato da
diverse proteste nei luoghi in cui si apre un sito di stoccaggio di rifiuti
o di
ecoballe (Parapoti presso Montecorvino Rovella, Acerra, Villaricca, Terzigno,
Taverna
del Re presso Giugliano e tanti altri...). [7]
Inoltre a metà 2007 il Governo attribuisce a Bertolaso il compito di
redarre il nuovo "Piano di gestione integrata dei rifiuti", sentendo il
Commissariato bonifiche e la consulta regionale sui rifiuti. Questo
piano doveva indicare i punti per avere finalmente il passaggio dalla
gestione commissariale alla gestione ordinaria.
Nel piano viene affermata l' importanza di tre termovalorizzatori: Acerra,
Santa Maria La Fossa (che nel 2007 attende ancora il completamento delle
procedure VIA) e Salerno (il sindaco di Salerno De Luca infatti propose una
autocandidatura della sua città quale sede di un terzo termovalorizzatore).
Ai termovalorizzatori sono affiancati i 7 impianti di CDR (già in
funzione, costruiti in due anni), da ammodernare per elevarne la
produttività e per migliorare la qualità del CDR prodotto da conferire al
termovalorizzatore. E a termine dei lavori di nuova messa a punto degli
impianti di CDR il rapporto finale che si dovrebbe avere: 60% di CDR da
conferire ai termovalorizzatori e 40% per le discariche. Di discariche ci
sarà in ogni caso bisogno, dunque, ed ecco l' importnza di definire e
predisporre fin da subito nuovi siti per nuove discariche.
[8]
Tuttavia quando Bertolaso individua un sito a Serre (in provincia di
Salerno) presso la località Valle Masseria in una zona a ridosso dell' Oasi
del WWF, inizia una lunga disputa che coinvolgerà anche il Ministro
dell'Ambiente Pecorario Scanio. Alla fine nel maggio 2007 si decide che
la discarica si farà a Serre ma nella località Macchia Soprana in un sito
indicato dalle autorità locali e ritenuto idoneo dai tecnici del Ministero
dell'Ambiente. Tale provvedimento soddisfa il Ministro dell'Ambiente Alfonso
Pecoraro Scanio, anche se il sito individuato a Serre alternativamente
risulta decisamente con meno capienza. [9]
Ma nel luglio 2007 Guido Bertolaso non sarà più commissario e al suo
posto il Governo nomina il prefetto di Napoli Alessandro Pansa. Nello
svolgimento delle sue attività il prefetto Pansa è assistito e coadiuvato,
oltre che dalla Regione stessa, anche dal ministero dell'Ambiente e Tutela
del Territorio, dal Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza
del Consiglio, nonché dal Dipartimento per lo Sviluppo delle Economie
Territoriali attraverso l'Unità speciale di concertazione per lo sviluppo
economico dell'area metropolitana di Napoli. [10]
Nel dicembre 2007 la situazione peggiora in modo drammatico con una vera
paralisi del sistema della raccolta dei rifiuti dalle strade della Campania
(in particolare delle provincia di Napoli e Caserta). Il Consiglio dei
ministri il 28 dicembre nomina un nuovo Commissario Gestore dell'emergenza
rifiuti in Campania: il prefetto Umberto Cimmino. [11]
La situazione diventa tanto estrema che anche l'
Unione Europea inizia a chiedere maggiori informazioni su quello che sta
succedendo ed intanto esplode la protesta dei cittadini per la riapertura
della gigantesca discarica di Pianura (ormai da dieci anni chiusa). Seguono
giorni di totale caos. Il Governo risponde l' 8 gennaio 2008 definendo il
piano per superare l'emergenza rifiuti in Campania e nominando come nuovo
Commissario Gianni De Gennaro, ma questa volta con diversi nuovi poteri per
derogare a varie normative.
I punti chiave per cercare di superare la situazione di emergenza totale in
cui la Campania è piombata sono:
- per un periodo limitato di soli 120 giorni il prefetto Gianni De Gennaro
(ex capo della polizia e fino al gennaio 2008 capo di gabinetto del ministro
dell' Interno Giuliano Amato) diventa Commissario
- usare quanto prima i siti individuati dalla legge 87 del 5 luglio 2007,
cui se ne aggiungeranno altri ritenuti utili dalla autorità competenti per
fronteggiare l' emergenza
- la Regione Campania deve essere dotata di almeno tre termovalorizzatori ad
Acerra, Santa Maria La Fossa e Salerno e di un numero sufficiente di
discariche tali da consentire l' autosufficienza regionale a medio termine
nella gestione dei rifiuti
- i Comuni campani dovranno elaborare un piano per la raccolta differenziata
nei prossimi due mesi e poi avranno a disposizione 60 giorni per
realizzarlo. La mancata attuazione nei tempi stabiliti determinerà
l'immediato commissariamento dei comuni inadempienti
- per fronteggiare l'emergenza saranno coinvolte le forze armate (l' uso
dell' Esercito
è limitato a finalità logistiche). [12]
Dopo 2 settimane dal suo insediamento il supercommissario Gianni De Gennaro
delinea quindi alcuni punti:
- riaprire 5 vecchie discariche: Cava Riconta a Villaricca (Napoli),
Difesa Grande
(Avellino), Parapoti (Salerno), Tre Ponti di Montesarchio (Benevento) e solo
in parte
Pianura (dove sembra ormai deciso il sequestro probatorio dell'invaso della
vecchia
discarica, ma l'invio di migliaia di balle di rifiuti nel cratere "nuovo",
mai utilizzato)
- allestire ed aprire 4 nuove discariche: Terzigno (Napoli; nel parco
del Vesuvio, area per la quale la Presidenza del Consiglio ha dovuto firmare
pochi giorni fa una deroga speciale in base alla quale poter scaricare non
solo frazione organica, ma anche rifiuti dalla strada), Savignano Irpino
(Avellino), Sant'Arcangelo Trimonte (Benevento) e Macchia Soprana presso
Serre (Salerno; Macchia Soprana è già attiva ma si prevede un ampliamento
della sua capacità di accoglienza)
- attivare 11 siti di stoccaggio provvisori: i capannoni della
Manifattura Tabacchi (un sito su cui si consuma ancora il braccio di ferro
con i cittadini e con i no global di un vicino centro sociale); la Icm,
rione Ponticelli; la Italimpianti di Acerra; l'area di Pomigliano Ambiente,
comune di Pomigliano; lo stabilimento Saint Gobain, Caserta; la Geo-Eco di
San Tammaro, casertano; l'impianto di compostaggio di Aversa; l'area Asi di
Giugliano e il sito Campo Genova a Giugliano; il sito di Ercolano
nell'ambito del Parco del Vesuvio e un nuovo sito nell' avellinese. [13]
Nell' aprile 2008 Berlusconi vince le
elezioni e tra le priorità del suo programma c'è il voler porre fine all'
emergenza rifiuti a Napoli e in Campania. Con un decreto legge varato il 21
maggio 2008 vengono definiti i punti per fronteggiare la situazione:
- nomina di Guido Bertolaso a sottosegretario alla presidenza del
Consiglio con delega all' emergenza rifiuti
- apertura di discariche in tutte le cinque province campane. I luoghi
verranno resi noti solo con la pubblicazione del decreto nella Gazzetta
Ufficiale
- i Comuni che ospiteranno impianti avranno compensazioni ambientali
- chiusura di sette impianti di combustione dei rifiuti e trasformazione di
essi in impianti per il compostaggio di qualità
- la Campania dovrà dotarsi di quattro termovalorizzatori: Acerra, Santa
Maria La Fossa, Salerno ed ora anche Napoli (il sindaco di Napoli ha 30
giorni per indicare a Bertolaso il sito dove costruire il
termovalorizzatore, altrimenti Bertolaso potrà scegliere da solo)
- i Comuni che non rispettano gli obiettivi fissati per la raccolta
differenziata dei rifiuti rischiano sanzioni. Bertolaso, se verificherà la
mancata attuazione delle norme delle ordinanze decise per affrontare l'
emergenza rifiuti potrà nominare immediatamente commissari ad acta che si
sostituiranno alle amministrazioni comunali
- pene più severe per chi crea disordini e ostacola la gestione dei rifiuti
in Campania. Le discariche saranno considerate "aree di interesse strategico
nazionale" e saranno presidiate dalle forze dell' ordine. Chi si introduce
nelle discariche o ne impedisce l' accesso rischia l' arresto da tre mesi a
un anno e chi crea difficoltà nella gestione dei rifiuti che vanno in
discarica rischia l' arresto fino a un anno o fino a cinque se si è
promotori di disordini
- la direzione distrettuale antimafia di Napoli sarà l' unico soggetto
competente nell' occuparsi di tutti i procedimenti per reati in materia
ambientale e di rifiuti (esautorando quindi i normali pubblici ministeri
"per evitare che un pm possa adottare singole azioni cautelari in via
d'urgenza e bloccare così il ciclo dei rifiuti") [14]
Con la pubblicazione del decreto legge "Misure straordinarie per
fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella
regione Campania" sulla Gazzetta Ufficiale si è poi saputa la lista dei siti
da destinare a discarica: Sant' Arcangelo Trimonte (BN) - località Nocecchie;
Savignano Irpino (AV) - località Postarza; Serre (SA) - località Macchia
Soprana; Andretta (AV) - località Pero Spaccone (Formicoso); Terzigno (NA) -
località Pozzelle e località Cava Vitiello; Napoli - località Chiaiano (Cava
del Poligono - Cupa del cane); Caserta - località Torrione (Cava
Mastroianni); Santa Maria La Fossa (CE) - località Ferrandelle; Serre (SA) -
località Valle della Masseria [15]
fonti:
http://www.kontrokultura.org/archivio/ecomafia.html
[1]
http://www.narcomafie.it/news_archivio/news_2001_2.htm
[2A]
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e 3B]
http://www.marxismo.net/varie/rifiuti_campania0304.html + aggiunte
da
http://www.meteoazzurro.com/termovalorizzatori_e_problematiche.htm [4]
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[15]
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