Il parere che Carlo Rubbia ha esposto in Parlamento
In data 25 novembre 2003, il generale Carlo Jean (presidente Sogin) e
Carlo Rubbia (premio nobel per la fisica e presidente dell’Enea ) sono stati
ascoltati in Commissione Ambiente alla Camera dove sono stati ascoltati in
merito al decreto-legge n.314/2003 che ha indicato in Scanzano Ionico il possibile
sito unico nazionale.
Entrambi hanno esposto il loro parere.
Ecco in sintesi i loro interventi:
Il generale Carlo Jean ha affermato ancora che il sito geologico
di Scanzano Jonico può senz’altro essere identificato come «la migliore
soluzione sotto il profilo della sicurezza e della salvaguardia
ambientale».
La decisione si basa «su uno studio condotto da un gruppo di lavoro Sogin
con la partecipazione di esperti di altre istituzioni che ha esaminato
varie opzioni di deposito».
Formulando quindi l’indicazione che è stata poi fatta propria dal governo
sulla base di uno studio effettuato in passato (…e cioè nel lontano 1977)
dall’Enea e dal Servizio geologico nazionale su incarico della Commissione
Europea sulle formazioni saline profonde idonee ad ospitare rifiuti
radioattivi.
Nel dossier presentato dal gen. Jean è indicato che il sito della cittadina
lucana è caratterizzato dalla presenza di una formazione geologica
«estremamente stabile costituita da un giacimento di salgemma dello spessore
medio di 150-200 metri per una estensione di oltre 10 chilometri quadrati,
protetto da uno strato di argilla dello spessore di oltre 700 metri». E
proprio una formazione geologica analoga è stata quella prescelta - viene
ricordato nella documentazione - per realizzare nel New Mexico (Stati Uniti)
il deposito Wipp entrato in esercizio nel 1999. La soluzione tecnica di
riferimento - dice ancora il dossier - «riduce a zero l’impatto radiologico
sulla popolazione e sull’ambiente, superando nel senso della sicurezza anche
i limiti di esposizione raccomandati in ambito internazionale e nazionale».
(25/11/03) [1]
Il premio nobel per la fisica e presidente dell’Enea Carlo Rubbia ha
espresso «forti perplessità» sullo studio effettuato dalla Sogin che
poi ha portato ad individuare a Scanzano il territorio ideale per la
realizzazione del deposito nazionale di scorie nucleari.
Rubbia ha espresso il suo parere in Commissione ambiente alla Camera
sottolineando che lo studio è stato effettuato in un tempo troppo breve,
rispetto ad altri analoghi all’estero, e si è fondato solo su materiale
bibliografico e non anche su indagini tecnico-sperimentali.
Rubbia sostiene inoltre che «non corrisponde alla realtà l’affermazione
in base alla quale il sito di Scanzano sarebbe un caso unico», con
caratteristiche praticamente identiche a quelle di un sito che dal 1999 è
operativo negli Usa (il sito Wipp nel New Mexico).
Rubbia ha poi precisato che «la selezione di quest’area in Basilicata non
è in alcun modo correlabile al lavoro svolto dalla task force dell’Enea per
conto della protezione civile che aveva come scopo quello di individuare le
aree idonee per ospitare un deposito superficiale (e non geologico!) per
le scorie di seconda categoria (e non di terza categoria!)».
Rubbia afferma poi che «non presenta solide basi scientifiche e non rientra
in alcuna logica gestionale consolidata» la considerazione dello studio
secondo cui «il sito di Scanzano verrebbe utilizzato nell’immediato per lo
smaltimento dei rifiuti di seconda categoria e, contemporaneamente, come
laboratorio per indagini sitologiche più approfondite, anche mediante
l’installazione di un laboratorio sotterraneo, per la verifica dell’idoneità
ad ospitare anche la terza categoria ed i combustibili irraggiati».
Secondo Rubbia le esperienze di altri Paesi evidenziano che «le fasi di
indagini» sui siti «devono necessariamente precedere qualsiasi messa a
dimora di rifiuti radioattivi di qualsiasi categoria». Il presidente
dell’Enea rimarca poi il fatto che se il sito di Scanzano non dovesse
rivelarsi idoneo ad accogliere le scorie di terza categoria, ma solo quelle
di seconda, «risulterebbe sproporzionato allo scopo». Rubbia boccia
l’ipotesi, presente nel decreto originario, ma poi rientrata, di stoccare
comunque in via provvisoria a Scanzano i rifiuti provenienti da altre
località. Tale operazione «richiederebbe delle opere di protezione e tempi
di realizzazione comunque confrontabili con quelli necessari per gli
opportuni miglioramenti dei siti attuali».
Lo studioso accenna poi al problema dei numerosi trasporti «essi stessi
fonte di notevole rischio e preoccupazioni». Da tutto ciò discende, secondo
il fisico, «l’opportunità di portare a termine senza indugio e in maniera
efficace i programmi in corso sui rispettivi siti finalizzati ad aumentare i
livelli di sicurezza attuali».
(25/11/03) [2]
Ma il fisico Carlo Rubbia già qualche tempo fa si era espresso sul
problema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi. Vengono qui sotto
riportate le esatte parole di Carlo Rubbia:
«Si apre a questo punto grave problema dell'eliminazione dei rifiuti
radioattivi. Con vari metodi sono inceneriti, triturati, macinati, pressati,
vetrificati e inglobati in fusti impermeabili a loro volta disposti in
recipienti di acciaio inossidabile, veri e propri sarcofaghi in miniatura.
Queste "vergogne" dell'energia nucleare vengono nascoste nelle profondità
sotterranee e marine. Non abbiamo la minima idea di quello che potrebbe
succedere dei fusti con tonnellate di sostanze radioattive che abbiamo già
seppellito e di quelli che aspettano di esserlo. Ci liberiamo di un
problema passandolo in eredità alle generazioni future, perché queste scorie
saranno attive per millenni.
La sicurezza assoluta non esiste neppure in quest'ultimo stadio del ciclo
nucleare. I cimiteri radioattivi possono essere violati da terremoti,
bombardamenti, atti di sabotaggio. Malgrado tutte le precauzioni
tecnologiche, lo spessore e la resistenza dei materiali in cui questi
rifiuti della fissione sono sigillati, la radioattività può, in condizioni
estreme, sprigionarsi in qualche misura, soprattutto dai fusti calati nei
fondali marini. Si sono trovate tracce di cesio e di plutonio e altri
radioisotopi nella fauna e nella flora dei mari più usati come cimiteri
nucleari. Neppure il deposito sotterraneo, a centinaia di metri di
profondità può essere ritenuto secondo me, completamente sicuro. Sotto
la pressione delle rocce, a migliaia di anni da oggi, dimenticate dalle
generazioni a venire, le scorie potrebbero spezzarsi o essere assorbite da
un cambiamento geologico che trasformi una zona da secca in umida, entrare
quindi nelle acque e andare lontano a contaminare l'uomo attraverso la
catena alimentare. A mio parere queste scorie rappresentano delle bombe
ritardate. Le nascondiamo pensando che non ci saremo per risponderne
personalmente. [3]
per maggiori
informazioni su una nuova tecnologia messa a punto dal premio Nobel Carlo
Rubbia che prevede una variante del sistema ADS (Accelerator Driven System)
e che consentirà di “bruciare” le scorie radioattive, abbreviando
l'emivita delle scorie
per
alcune rapide considerazioni di importanti studiosi sul sito di Scanzano
Ionico, sul WIPP (New Mexico, USA) e sullo Yucca Mountain (Nevada, USA)
fonti:
http://www.gdmland.it/gnotizia.asp?ID_NOTIZIA=111043
[1]
http://www.gdmland.it/gnotizia.asp?ID_NOTIZIA=111063
[2]
http://www.rainews24.it/Notizia.asp?NewsID=43930 [2]
http://www-news.uchicago.edu/fermi/Group19/enricofermi/eranucleare.htm
[3]
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