Storia del nucleare
(in particolare "Storia del nucleare in Italia")
Fu il fisico italiano Enrico Fermi
a innescare la prima reazione nucleare a catena controllata della
storia: utilizzò uranio naturale all'interno di un blocco di
grafite pura che rallentava i neutroni. Fu questo il primo "reattore
nucleare" ("pila atomica" di Fermi C.P.1 - Chicago Pile Number One) ed era il 2 dicembre 1942.
Inizia l' era atomica. La pila di Fermi conteneva già tutte le
indicazioni sia per la produzione di energia nucleare sia per l'
esplosione nucleare, entrambe basate sullo stesso elemento chiave
della reazione a catena, il processo di fissione. La pila di Fermi
era dunque una creatura tecnologica straordinaria. A partire da quel
modello abbiamo costruito macchine sempre più grandi, più complesse,
più potenti. Durante la sua permanenza negli Usa, Fermi partecipò
attivamente al "Progetto Manhattan" e quindi alla creazione
della prima bomba atomica.
La prima utilizzazione pratica della
reazione di fissione ci fu con la distruzione di Hiroshima e Nagasaki
che, segnò la fine della seconda guerra mondiale. Nella bomba
atomica la reazione diventa esplosiva perché vengono messi a
contatto rapidamente due masse "subcritiche" sì che il sistema
ottenuto risulti, nel complesso, superiore alla massa "critica". La
massa critica rappresenta la più piccola quantità di materiale
fissibile necessaria per autosostenere la reazione a catena. Nelle
centrali nucleari la reazione a catena viene controllata e
regolata usando barre di cadmio o grafite o acciaio al boro che hanno
la capacità di catturare facilmente i neutroni. Nel reattore si
occupano di queste funzioni le barre di regolazione. Una regolazione
del reattore è assicurata anche dall'acqua che, raffreddando il
nocciolo, si trasforma di conseguenza in vapore: essa assorbe,
rallentandoli, una certa quantità di neutroni. Il vapore acqueo
ottenuto viene inviato alla turbina che, associata all'alternatore, è
in grado di generare energia elettrica.
Sia il fungo atomico sulle città di
Hiroshima e Nagasaky (in Giappone) e le relative immagini di
distruzione sia la guerra fredda basata sul deterrente delle
testate nucleari sia lo spettro della guerra nucleare e delle
armi di distruzione di massa non sono
che diversi aspetti del nucleare: ed è stato proprio l'aspetto bellico quello che più
di tutti ha spesso portato a demonizzare "in toto" il nucleare come
fonte di energia in ambito civile.
La figura dell' "esperto qualificato" ha a
lungo mantenuto nell' immaginario collettivo il ruolo di persona
"super partes" che si dedica al progresso e al bene della collettività
prima di tutto. Nell' ambito del nucleare (ma non solo) tale visione
si è nel tempo appannata anche, e forse soprattutto, a causa del
rapporto considerato a volte troppo stretto tra potere
politico-militare e scienza. Col tempo dunque l' atomo di pace
viene sempre più visto come atomo di guerra per la presenza
dell' uranio 238 che fa del reattore una macchina per produrre il
plutonio, l'ingrediente più comune delle bombe A. Il plutonio si forma
spontaneamente durante il processo di fissione, insieme agli altri
isotopi più o meno instabili, le famose scorie radioattive generate
dalla trasformazione dell'uranio.
In Italia si dedicarono a studi per lo
sfruttamento dell' energia nucleare enti come il Cise ed il Cnrn (poi
Cnen dal 1960). L' Italia si lanciò con passione nello
studio per lo sfruttamento dell'energia nucleare e nel 1959 fu
costruito il primo reattore di ricerca ad Ispra (Varese). Gli
investimenti ed il favore dell'opinione pubblica nei confronti dell' iniziativa furono notevoli tanto che
nel 1966 si raggiunse una
produzione di 3,9 miliardi di kWh: l' Italia era il terzo
produttore al mondo di energia elettrica di origine nucleare. Questo ciclo
espansivo si chiuderà con l' attivazione della centrale di Caorso
(Piacenza) nel 1980.
Inevitabilmente, la storia del nucleare in
Italia tocca anche aspetti delicati della recente vita politica e
scientifica del paese. L'esempio più famoso è il "caso Ippolito", che divise
l'opinione pubblica (e politica) italiana negli anni Sessanta. L'
ingegnere Felice Ippolito fu tra i primi a intraprendere le ricerche
di uranio in Italia sul finire degli anni Quaranta. Egli fu poi
segretario del primo Comitato nazionale ricerche nucleari (CNRN),
creato nel 1952, e segretario generale quando il Comitato fu
trasformato in Comitato nazionale energia nucleare (CNEN) nel 1960. Il
Comitato fu l' ente governativo italiano incaricato di promuovere un
programma di ricerca e sviluppo in campo nucleare inteso come progetto
di diversificazione energetica e di politica industriale. Nel 1963
Ippolito fu processato e condannato per illeciti penali concernenti lo
svolgimento delle sue funzioni di responsabile di un ente pubblico: fu
condannato a 11 anni di carcere. Poi, nel 1966 verrà graziato dal
Presidente della Repubblica Saragat e sarà eletto deputato al
Parlamento Europeo.
Si trattò di un processo che suscitò grande scalpore e che modificò l'
evoluzione della politica energetica e della ricerca scientifica in
Italia. In seguito al "caso Ippolito", infatti, si verificò un brusco
rallentamento dei grandi programmi di ricerca nucleare. Alcuni hanno
dato un' interpretazione del caso Ippolito in termini di "complotto"
per porre fine a una politica di diversificazione energetica che
toccava forti interessi economici e politici, in particolare quelli
dell' industria petrolifera internazionale.
L' incidente nella centrale nucleare di
Three Miles Island (Pennsylvania - Stati Uniti) nel 1979 diede inizio
a una crescente sfiducia dell' opinione pubblica nei confronti dell'
utilizzo del nucleare in ambito civile. Ma fu nel 1986 con l'
esplosione di un reattore della centrale nucleare di Chernobyl
(attuale Bielorussia - allora Unione Sovietica) che nacque un vero e
proprio atteggiamento critico nei confronti dell' energia nucleare e i
rischi che possono essere determinati da un errore umano o da una
violazione delle misure di sicurezza.
In Italia, il disastro di Chernobyl bloccò l' attuazione di una
parte del Piano Energetico Nazionale che prevedeva l' apertura di
cantieri per nuove centrali nucleari. Il Parlamento discusse della
politica energetica e con due risoluzioni impegnò il Governo a
convocare una Conferenza Nazionale sull'Energia, con il compito di
fornire contributi informativi e di approfondimento per una verifica
delle scelte di politica energetica, con particolare riguardo allo
sviluppo della componente nucleare.
L' 8 novembre 1987 si svolsero tre referendum sul nucleare (e due
sulla giustizia): la maggioranza degli italiani che andò alle urne
votò per il "Sì", abrogando una serie di norme e orientando le
successive scelte dell' Italia in ambito energetico verso una
direzione di sfavore nei confronti del nucleare.
Pertanto sebbene ci siano alcuni motivi da tenere presente nel
considerare l' istituto del referendum, che in occasione del
cosiddetto "referendum sul nucleare" non è stato e non poteva essere "nucleare
si, nucleare no", comunque sia
con il referendum abrogativo del 1987 è stato "di fatto" sancito
l'abbandono da parte dell' Italia del ricorso al nucleare come forma di
approvvigionamento energetico ed infatti di lì a poco le quattro
centrali nucleari in Italia furono chiuse.
Tuttavia, nonostante siano passati tanti anni, i rifiuti
radioattivi ancora oggi sono custoditi non in condizione di massima
sicurezza in più località (generalmente nei pressi delle vecchie
centrali nucleari).
Inoltre resta
ancora da effettuare il
totale smantellamento, la rimozione e la decontaminazione (operazioni definite di "decommissioning")
di strutture e componenti degli impianti nucleari in Italia.
Sia delle centrali nucleari ex-Enel: Trino Vercellese
(Vercelli), Caorso (Piacenza), Latina, Garigliano (Caserta)
Sia degli impianti del ciclo del combustibile ex-Enea: EUREX
di Saluggia (Vercelli), FN-Fabbricazioni Nucleari di Bosco Marengo
(Alessandria), OPEC in Casaccia (Roma), Plutonio in Casaccia (Roma),
ITREC in Trisaia - Rotondella (Matera)
Diversi sono i motivi per cui il problema della sistemazione definitiva di
tutto il materiale radioattivo e degli alti
costi relativi al loro smaltimento è ancora da risolvere. Il
governo ha attualmente affidato questo compito alla Sogin. |