Il documento presente in questa pagina sono le appendici finali
della relazione integrale e originale (escluse le note a pie' di pagina) effettuata dalla Sogin per la
localizzazione del sito unico nazionale per la raccolta delle scorie
nucleari.
(elaborato PDN RT 002 - Rev. 0
- Pag. totali 114)
per la relazione integrale e originale (escluse le
appendici finali) effettuata dalla Sogin
APPENDICI FINALI
dello
STUDIO PER LA LOCALIZZAZIONE DI UN SITO PER IL DEPOSITO NAZIONALE
CENTRALIZZATO DEI RIFIUTI RADIOATTIVI
SOMMARIO
A1 -
Principi di sicurezza e criteri
tecnici per lo smaltimento dei rifiuti ad alta attività in formazioni
geologiche profonde
A2
- Proprietà di di isolamento delle
formazioni argillose
A3
- Il modulo di deposito
A4
- Siti in depositi salini esclusi per
caratteristiche geo-morfologiche e giaciturali
A2
PROPRIETÀ DI ISOLAMENTO DELLE FORMAZIONI ARGILLOSE
A2.1 Gli
analoghi naturali
Lo smaltimento geologico rappresenta l’unica prospettiva attuale reale
di eliminazione definitiva dei rifiuti radioattivi di III categoria.
Oltre che per la natura delle formazioni ospiti, il termine “geologico”
sottende anche tempi “geologici” di isolamento. Nei fatti i tempi in
causa sono computati sull’ordine di grandezza dei centomila anni.
Dimostrazioni della capacità di isolamento e della persistenza di tale
capacità delle formazioni geologiche non possono essere ottenute con
l’estrapolazione a tempi lunghissimi dei risultati conseguiti in
ricerche condotte in tempi limitati su campioni, superfici e volumi
ridotti rispetto a quelli in gioco nell’isolamento geologico.
Il problema è stato superato negli anni Ottanta con il ricorso allo
studio degli Analoghi Naturali.
Per analoghi naturali si intendono gli elementi presenti nell’ambiente
naturale per i quali si possono pensare comportamenti simili a quelli
dei radionuclidi contenuti nei rifiuti radioattivi. Ad esempio l’uranio
per il plutonio. Tale comportamento può essere studiato nell’ambiente
naturale in condizioni di normalità o sotto condizioni di perturbazione
verificatesi in passato analoghe a quelle che possono essere immaginate
in futuro a carico di un deposito.
Studi sugli analoghi sono stati svolti con ricerche prevalentemente
condotte nell’ambito delle azioni della Comunità Europea. Le conclusioni
di tali ricerche furono che lo smaltimento geologico è certamente una
soluzione affidabile per l’eliminazione del problema posto
dall’esistenza dei rifiuti. I temi sviluppati per la dimostrazione delle
prestazioni delle formazioni geologiche furono:
– comportamento geochimico di radionuclidi naturali, o di corrispettivi
stabili dei radionuclidi
dei rifiuti, all’interno di formazioni prese in considerazione per lo
smaltimento;
– capacità di isolamento idraulico e geochimico delle stesse formazioni;
– effetti di agenti di potenziale alterazione di tale capacità.
Le ricerche sugli analoghi, condotte al tempo in Italia sulle formazioni
argillose, dimostrarono l’elevata (praticamente assoluta) capacità di
isolamento di tali formazioni nei riguardi di un possibile deposito di
rifiuti a lunga vita costituito in parti profonde delle stesse.
I risultati di tali ricerche hanno rappresentato in pratica la prima
pubblicazione in merito della CE (“Benvegnù F., Brondi A., Polizzano C.,
1988. “Natural analogues and evidence of long-term isolation capacity of
clays occuring in Italy”. Contribution to the demonstration of
geological disposal reliability of long-lived wastes in clay.
Directorate-General Science, Research and Development. Commission of the
European Communities. EUR 11896 EN. Office for Official Publications of
the European Communities, L-2985, Luxembourg).
Le acquisizioni sulle proprietà di barriera verificate sulle argille
italiane hanno indotto il governo francese, orientato alla valutazione
delle prestazioni dei graniti, ad estendere il proprio impegno di
ricerca anche in direzione delle argille, oggi obiettivo primario di
quel paese.
Le prestazioni delle formazioni argillose, positivamente riconosciute
per l’eliminazione dei rifiuti di III categoria, valgono a maggior
ragione per l’isolamento in sicurezza dei rifiuti a bassa attività e
vita breve. La persistenza della capacità di isolamento nei riguardi dei
primi rifiuti è condizionata dall’evoluzione geologica generale del sito
di ubicazione del deposito. Per gli altri rifiuti, essendo il deposito
concepito per una realizzazione a bassa profondità, il fattore di
potenziale destabilizzazione è l’evoluzione morfologica in condizioni di
normalità o di alterazione a seguito di possibili variazioni climatiche.
Minimo o inesistente è in questo caso il ruolo di potenziale
destabilizzazione giocato dai fattori di evoluzione geologica.
A2.2 Capacità di barriera delle argille
Uno dei dubbi più ricorrenti circa la reale capacità d’isolamento a
lungo termine delle argille è la possibilità di migrazione dei
radionuclidi verso la biosfera per condizioni di permeabilità primaria,
di fratturazione e per discontinuità tettoniche. La modellistica
idrogeologica ha spesso ammesso, o semplicemente ipotizzato, tale
possibilità, spesso in astrazione e contro evidenze reali dell’efficacia
delle barriere naturali. L’uso di modelli, svincolato da verifiche
sperimentali in condizioni adeguate o da osservazioni in campo, ha
spesso generato dubbi sull’effettività della capacità di barriera
idraulica delle argille per l’arco temporale del necessario isolamento
dei rifiuti.
Uno degli assunti della modellazione idrologica è, ad esempio, la
permeabilità per fratturazione e per fagliazione, situazioni idrauliche
non rilevate dalle osservazioni in campo e in sotterraneo.
La mancanza di associazione dei caratteri geochimici delle argille ai
caratteri idrologici ha lasciato in disparte l’altra proprietà, in
massimo grado posseduta dalle argille, di agire come barriera geochimica
assolutamente efficace nei riguardi di due dei radionuclidi di
riferimento quali componenti di rifiuti radioattivi, il cesio e il
plutonio e, in termini più estesi, gli attinidi. Occorre precisare che
la capacità di controllo geochimico espletate dalle argille nei riguardi
dei radionuclidi, così come nei riguardi della maggior parte degli
elementi e composti inorganici e organici, viene efficacemente
esercitata anche in sistemi idraulicamente aperti. Ad esempio, molti
giacimentidi uranio si costituiscono in sedimenti permeabili nei quali i
valori del potenziale di ossidoriduzione è simile a quello posseduto in
massa dalle formazioni argillose e dai livelli sabbiosi, isolati dalle
acque superficiali e di falda, in esse intercalati.
Di seguito vengono descritti alcuni risultati positivi degli studi
condotti sulle capacità di barriera delle argille italiane rispetto ad
alcuni aspetti portanti quali:
– capacità di barriera idraulica;
– capacità di barriera geochimica;
– combinazione delle due capacità.
- A2.2.1 Capacità di barriera
idraulica
La verifica della capacità di barriera idraulica delle argille è stata
condotta con osservazioni dirette su argille in affioramento e, in
sotterraneo, in gallerie minerarie e stradali. Studi sono stati
effettuati anche su condizioni di sollecitazioni estreme delle argille
ad opera dei vapori geotermici e di un’intrusione vulcanica
all’interno di un banco di argilla. Quest’ ultimo caso ha anche
offerto l’opportunità di riscontrare direttamente l’effetto del
riscaldamento termico a carico delle argille inglobanti. È stato per
questa via verificato che la capacità di isolamento di una massa
argillosa non viene sostanzialmente diminuita per la variazione dei
caratteri originari della stessa al contorno dei corpi riscaldanti. Il
comportamento del gas di provenienza profonda, l’elio, il gas inerte e
più mobile in assoluto, dimostra l’impermeabilità di massa delle serie
argillose.
- A2.2.1.1 Osservazioni in superficie
Le argille in affioramento appaiono vistosamente resecate da
fratture normali alla superficie. Il colore giallo, esteso per pochi
centimetri in senso normale alle fratture stesse e conferito da
processi di ossidazione delle salbande delle fratture, evidenzia una
penetrazione verso il basso delle acque di superficie fino alla
profondità massima di 10-15 metri senza interessare le parti più
profonde delle fratture. Tali strutture continuano infatti, con
tutta evidenza, verso il basso senza mostrare variazioni del colore
grigio originario. Nei casi in cui le argille siano sottoposte al
carico di soprastanti masse litologiche, le fratture preesistenti
rimangono chiuse e impenetrabili all’acqua.
Il meccanismo che giustifica la situazione di diversa penetrazione
idraulica nei due casi è il seguente:
– la tettonica regionale determina la formazione di fratture e
faglie nelle masse delle argille; il sollevamento orogenico
trasporta le masse argillose in zona di erosione;
– private per grande estensione della copertura originaria, le
argille vanno soggette a decompressione con l’effetto della
formazione di nuove fratture, normali alla superficie topografica,
che si incrociano con le fratture preesistenti;
– l’acqua di superficie penetra nelle fratture che si aprono fino
alla profondità di 10-15 metri sopra indicata e ne ossida le
salbande;
– al di sotto di tale profondità le argille mantengono, nonostante
la continuità delle fratture, la permeabilità originaria.
– Le fratture delle argille sotto carico litostatico non si aprono e
non sono quindi sede di permeazione idrica.
– I piani di faglia non sono sede di permeazione idrica. Tale
condizione si verifica sia per le faglie dirette, sia per quelle
indirette.
– L’elevata plasticità delle argille previene la costituzione di una
condizione di permeabilità lungo i piani di faglia.
- A2.2.1.2 Osservazioni in sotterraneo
Le informazioni ricavate da società che hanno realizzato gallerie
per infrastrutture stradali e ferroviarie in argilla indicano che,
tranne che in casi molto specifici, non è stata riscontrata alcuna
infiltrazione d’acqua prima del contatto con formazioni permeabili,
sede anche di elevatissime pressioni idrauliche, o prima
dell’avvicinamento alla superficie topografica. L’esistenza di
fratture di decompressione alla superficie di complessi argillosi
privati del precedente carico litostatico dall’erosione crea infatti
una permeabilità secondaria. L’estensione di tali fratture verso il
basso non supera ordinariamente, come precedentemente detto, i dieci
metri. La galleria di Pasquasia, ad esempio, attraversa argille
intensamente fratturate, ma le fratture sono completamente asciutte.
Osservazioni dirette hanno potuto accertare, anche in questo caso,
che le faglie in argilla non sono sede di veicolazione d’acqua.
- A2.2.1.3 Intrusione magmatica in
argilla
L’intrusione di un piccolo vulcano all’interno di argille del
volterrano ha provocato la trasformazione di argille per due metri
di spessore in altra roccia, con perdita di acqua e trasformazione
di minerali argillosi in altri minerali argillosi per lo spessore di
altri dieci metri. Oltre tale alone di alterazione-trasformazione
non si è riscontrato traccia di passaggio di fluidi attivati dal
corpo intruso.
- A2.2.1.4 Campi geotermici
Prodotti idrotermali (sorgenti calde, travertino, cinabro) in Val d’Orcia
e nella Valle del Paglia, connessi alla presenza di campi geotermici
in profondità, vengono a giorno ai lati del complesso argilloso che
riempie le valli, solo là dove, ordinariamente, le argille tendono a
passare a sabbie.
Nessun prodotto idrotermale è stato riscontrato in corrispondenza
della parte centrale del bacino occupata da sedimenti
prevalentemente argillosi.
Da informazioni assunte in sede appropriata risulta che uno spessore
di cinquanta metri di argilla costituisce una barriera assoluta
contro la migrazione verso l’alto di fluidi ad alta temperatura
(150-250° C) e ad alta pressione (40-60 ata).
- A2.2.1.5 Venuta a giorno di elio
L’elio è un elemento che si origina nel mantello. Ha il più piccolo
raggio atomico ed è chimicamente inerte. E’ pertanto l’elemento più
mobile in assoluto rispetto a tutti gli altri della tavola periodica
degli elementi. Riesce ad attraversare le argille là dove sono
perturbate anche dove altri elementi non possono transitare.
Numerose aree ad affioramento zero dell’elio di origine profonda
caratterizzano comunque le parti centrali dei bacini argillosi.
- A2.2.2 Capacità di barriera
geochimica
Due sono i meccanismi operanti per tale capacità:
– la capacità di cattura e ritenzione da parte dei minerali argillosi;
– il potenziale di ossido-riduzione delle formazioni argillose.
- A2.2.2.1 Capacità di cattura e
ritenzione
Studi di geochimica hanno ampiamente dimostrato l’elevatissima
capacità di cattura di ioni, composti e sostanze organiche che,
idricamente veicolati, vengano in contatto con minerali argillosi.
Le argille sono prevalentemente costituite da minerali argillosi. Le
formazioni argillose sono pertanto dotate di una capacità di cattura
praticamente illimitata. Nel caso della mobilizzazione per
ossidazione di vari elementi nelle salbande di ossidate indicate
nella precedente descrizione delle fratture, la capacità di cattura
ne ha prevenuto l’allontanamento
- A2.2.2.2 Potenziale di
ossido-riduzione
Le argille hanno acquisito valori di potenziale da bassi a negativi
al momento del loro accumulo nei bacini sedimentari. Tale carattere
chimico, mantenuto anche dopo il sollevamento dei complessi
argillosi sul continente, assicura la formazione e la persistenza di
un elemento stabile in fase ridotta come l’uranio, analogo naturale
dell’omologo artificiale del plutonio. Studi di geochimica hanno
verificato la pratica immobilità di tale elemento all’interno delle
formazioni argillose.
Ove mobilizzato per la variazione verso le condizioni ossidanti che
si realizzano per la penetrazione delle acque atmosferiche nelle
parti delle argille interessate dalla fratturazione da
decompressione superficiale, l’uranio viene comunque bloccato dalla
capacità di ritenzione e cattura esercitata dai minerali argillosi.
La bassa permeabilità previene la possibilità di ossidazione perfino
di piccoli livelli di argille inglobati in depositi sabbiosi anche
in condizioni di esposizione estrema al potere di ossidazione delle
acque di falda in circolazione.
- A2.2.3 Combinazione delle due
barriere idraulica e geochimica
La distruzione dei materiali legnosi accumulati nei bacini sedimentari
avviene nell’ambiente ossidante per azione della demolizione
esercitata dai batteri. Un rapido seppellimento in argilla previene
tale demolizione.
- A2.2.3.1 La foresta fossile di
Dunarobba
Le argille lacustri di Dunarobba, vecchie di alcuni milioni di anni,
hanno mantenuto come legno fresco tronchi e detriti di una foresta
che cresceva nelle acque basse dell’antico bacino del Tevere.
La bassa permeabilità (barriera idraulica) ed il basso potenziale di
ossido-riduzione (barriera geochimica) delle argille hanno impedito
la penetrazione delle acque meteoriche prevenendo l’insorgenza di
condizioni ossidanti, demolitrici della sostanza organica. I
materiali legnosi, originariamente inglobati nei soprastanti
depositi sabbiosi, sede di circolazione delle acque di origine
meteorica e completamente ossidati, sono stati precocemente
distrutti. La condizione chimico- fisica riducente, che ha permesso
la conservazione dei tronchi fossili, garantisce anche la completa
immobilità di uranio e transuranici.
Al tempo dello studio della foresta, condotto come contributo alla
validazione del concetto di smaltimento geologico, fu formulata la
conclusione seguente: se un materiale deperibile come il legno è
stato conservato per le capacità di isolamento a lungo termine e per
le normali condizioni di ambiente chimico-fisico proprie delle
argille, perché mai dovrebbe essere distrutto un materiale stabile
come il vetro con liberazione dei radionuclidi in esso dispersi?
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