Zona NucleareIl sito unico nazionale per la raccolta delle scorie nucleari ,
la Sogin, i Personaggi, le Norme, il business dei rifiuti radioattivi,
le situazioni ambigue di una vicenda attorno cui girano Miliardi di Euro

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Il sito unico nazionale per la raccolta delle scorie nucleari , la Sogin, i Personaggi, le Norme, il business dei rifiuti radioattivi  italiano

    The only national site for collection of nuclear wastes in Italy, Sogin, Personages, Rules, radioactive wastes business  english
    Le seul site national pour la récolte des déchets nucléaires en Italie, le Sogin, les Personnages, les Règles, le business des déchets radioactifs  francais
    イタリアにおける国の統合核廃棄物処分場、la Sogin(核施設管理株式会社)、重要人物、法規、放射性廃棄物ビジネス  japanese
    El único “sitio nacional” por la recolección de la basura nuclear en Italia, la SOGIN, los personajes, las normas, el negocio de los desechos radiactivos  espanol
    Einziges Atommüll-Endlager in Italien, die SOGIN, die Mitwirkenden, die Normen, der Business des radioaktiven Abfalls  deutsch

   ENGLISH REPORT
1. I.A.E.A. report of nuclear power development in Italy
2. What is SOGIN - Nuclear Plant Management?
3. What is ANPA (now called APAT)?
4. Decommissioning in Italy - National fact sheet
5. Status of decommissioning activities of Italian Nuclear Power Plants
6. More info about Scanzano Jonico (or Ionico) and nuclear waste repository
7. Italy to send nuclear waste abroad for disposal and UK to keep foreign nuclear waste


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Il documento presente in questa pagina è la relazione integrale e originale (escluse le appendici finali e le note a pie' di pagina) effettuata dalla Sogin per la localizzazione del sito unico nazionale per la raccolta delle scorie nucleari.
(elaborato PDN RT 002 - Rev. 0 - Pag. totali 114)

 

per le appendici finali della relazione integrale e originale effettuata dalla Sogin


per conoscere il parere su tale studio espresso dal Presidente del C.N.R. - prof. Carlo Rubbia - in Commissione Ambiente alla Camera dei Deputati in data 25.11.03





STUDIO PER LA LOCALIZZAZIONE DI UN SITO PER IL DEPOSITO NAZIONALE CENTRALIZZATO DEI RIFIUTI RADIOATTIVI



 
SOMMARIO

 
1 - Premessa
  2 - Indirizzi istituzionali
  3 - Studi e ricerche pregresse in ambito nazionale

  4 - Criteri generali di sicurezza
  5 - Recuperabilità dei rifiuti radioattivi
  6 - Inventario dei rifiuti radioattivi di II categoria

  7 - Inventario dei rifiuti radioattivi di III categoria
  8 - Metodologia di selezione di un sito profondo in formazione salina
  9 - Applicazione della procedura della selezione del sito
10 - Caratteristiche sismiche e gro-idrologiche del sito di Scanzano Jonico
11 - Caratteristiche ambientali e territoriali dell'area di Scanzano Jonico
12 - Piano preliminare di validazione della scelta del sito
13 - Conclusioni


 




9  APPLICAZIONE DELLA PROCEDURA DI SELEZIONE DEL SITO


9.1 FASE 1 - Inventario delle formazioni saline


9.1.1 Catalogo delle formazioni geologiche saline

Nella Fase 1 della procedura per l’individuazione dei depositi profondi in salgemma si è fatto ricorso all’inventario dei depositi salini presenti sul territorio nazionale, a suo tempo predisposto dal Servizio Geologico Nazionale sulla base del contratto CNEN Euratom 022-76-9 WASI, concluso nel Dicembre 1977.
Come indicato nella relazione finale di quello studio, le formazioni saline italiane appartengono al piano superiore del Miocene e non si conoscono giacimenti saliferi in altri livelli geologici.
In Italia, il piano superiore del Miocene è conosciuto anche con il nome di Messiniano, perché i primi elementi di conoscenza del piano geologico studiati e descritti si riferiscono ad affioramenti situati nei pressi di Messina. Ulteriori studi ed indagini, hanno messo in evidenza, però una netta differenziazione tra i lembi del messinese, composti in prevalenza da terreni clastici (psefiti e psammiti spesso in facies continentale), e quelli caratteristici delle serie gessoso-solfifere e salifere che si trovano nella Sicilia centro-meridionale ed in lembi più ridotti in altre regioni italiane con o senza mineralizzazioni.

La successione dei terreni altomiocenici, che comprendono le formazioni saline, si può cosí riassumere (dal basso verso l'alto):

  • a) Terreni di letto composti da argille sabbiose o sabbie argillose con intercalazioni sabbiose, appartenenti al Miocene medio o Tortoniano.
    In qualche settore della Sicilia i terreni di letto sono rappresentati da limi e silts naftogenici, mentre nella penisola prevalgono le sabbie ed arenarie o molasse con qualche lente o tracce di lignite (Volterra).
    Il passaggio dal Miocene medio a quello superiore avviene in concordanza stratigrafica e tettonica.
    I terreni di transizione tra i due piani sono più evidenti in Sicilia dove compare pressoché ovunque il livello tripolaceo dello spessore variabile da 30 m a 70 m e composto di fitte intercalazioni di sottili strati di farine fossili marno-argillose, con veli di argilla bituminosa, marna variamente argillosa e calcarea.
    In Calabria e Basilicata, il termine di passaggio si può identificare nella riduzione delle componenti psefitiche con la comparsa di varve argillo-limose variamente bituminose poco addensate.
    In Toscana manca la parte bituminosa, mentre persistono le tracce di lignite diffuse nella matrice argillosa o disposte in veli esili e raramente campionabili con le perforazioni meccaniche.
     
  • b) Terreni di base del Miocene superiore o Sarmaziano
    In Sicilia ed in Calabria si hanno i calcari spugnosi o vacuolari, (sede della mineralizzazione solfifera) sostituiti lateralmente, dalle marne o argille marnose oppure dalle brecce calcaree. Le marne si riscontrano verso le depressioni paleogeografiche, mentre le brecce calcaree si trovano in corrispondenza delle dorsali sub-emerse all’inizio del Miocene superiore. Nei rimanenti comprensori la base del Miocene superiore e' rappresentata da argille con tracce di marne scure,
    granuli di pirite, indizi di torba o lignite e scarsa microfauna nana.
     
  • c) Gessi, argille, anidride e sale.
    La successione di questi terreni e la loro posizione si differenzia nei diversi bacini. Tuttavia si ha in genere la seguente successione verticale, dal basso verso l'alto:
    c1) argille variamente bituminose, con cristalli di gesso e con straterelli di gesso o anidrite
    intercalati;
    c2) alternanze di straterelli di argille e di sali di diversa composizione chimica e mineralogica;
    c3) prevalenza di sali composti con magnesio e potassio con alternanze argillose;
    c4) ammassi salini con percentuali di potassio più significative nella parte inferiore, mentre nella parte alta si riscontrano più frequenti bancate imponenti di salgemma quasi puro.
    I corpi salini hanno subito intense deformazioni tettoniche in funzione della elevata plasticità del sale che si comporta meccanicamente come una argilla compatta. La posizione, e le percentuali qualitative e quantitative dei sali potassici varia secondo fasce aventi andamento ENE-WSW e sono legate alla paleogeografia salina ed alle diverse componenti delle spinte tettoniche. Lo spessore del corpo salino varia da zero fino ad un migliaio di metri;
    c5) subito al tetto del sale si hanno argille scure con anidrite e scarsi gessi, man mano che si sale, verso la chiusura del ciclo sedimentario, aumentano le componenti gessose mentre si riducono le argille.
     
  • d) Tetto dal Miocene superiore o serie gessosa-solfo-salifera.
    Al tetto si rinviene un diffuso orizzonte sabbioso anche di scarsa potenza, che segna la trasgressione
    tra il Miocene ed il Pliocene. Quest’ultimo terreno passa poi a marne che sono bianche,
    e talora calcaree (trubi in Sicilia e Calabria), oppure grigiastre e leggermente marnose
    ("Tabianano") in Basilicata, Campania e Toscana.


9.1.2 Elenco dei bacini salini

Lo studio del Servizio Geologico Nazionale, in precedenza citato, ha identificato n. 45 giacimenti salini distribuiti in cinque Regioni (Sicilia, Calabria, Basilicata, Lazio e Toscana) le cui caratteristiche, di interesse per il presente studio, sono riportate nella tabella 9.1.
I singoli bacini salini sono stati individuati e numerati progressivamente a partire dalla Sicilia orientale, verso occidente, e risalendo poi la penisola italiana da sud verso nord.
Sono stati così esaminati i seguenti N. 27 bacini in Sicilia, N. 4 bacini in Calabria, N. 1 bacino in Basilicata, N. 1 bacino in Campania ed 1 bacino in Toscana.


9.2 FASE 2 - Primo livello d’esclusione: caratteristiche morfologiche dei giacimenti

I 45 depositi salini sono stati sottoposti ad un primo esame dei requisiti riguardante l’idoneità dei singoli giacimenti, rispetto alle caratteristiche morfologiche del giacimento, con particolare riferimento alle caratteristiche della copertura e allo spessore e dimensioni della formazione salina.

Questo criterio ha portato all’esclusione dei siti evidenziati in tabella 9.2.
A risultati identici era pervenuto lo studio della Commissione Europea “European Catalogue of the Geological Formations Having Favourable Characteristics for the Disposal of Solidified High Level and/or Long Lived Radioactive Waste”, nel Capitolo 7 interamente dedicato all’Italia.


9.3 Fase 2 - Secondo livello d’esclusione: requisiti di isolamento del giacimento

L’applicazione del secondo livello d’esclusione ai 13 giacimenti selezionati porta
all’identificazione di cinque giacimenti con caratteristiche di idoneità rispetto alle caratteristiche morfologiche del giacimento e allo spessore e impermeabilità della formazione di tetto.


9.4 FASE 2 - Terzo livello d’esclusione: sismicità

L’applicazione del terzo livello richiede un esame preliminare dell’assetto geologico-strutturale e cinematico d’insieme dell’Italia meridionale ove sono localizzati i 5 siti risultanti dall’applicazione del secondo livello visto precedentemente.
Tale esame si basa sullo stato dell’arte delle conoscenze in tema di tettonica delle placche, e prende in considerazione un’area molto vasta, comprendente il Mediterraneo e le terre ad esso circostanti. Tale estensione areale è imposta dalla complessità delle vicende geologiche che hanno caratterizzato i settori crostali compresi tra le litosfere africano-araba a Sud e euroasiatica a Nord. Solo in tal modo è possibile fissare condizioni al contorno sufficientemente
condivise.


9.4.1 Cinematica e sismicità dell’area circum-mediterranea

Il Bacino del Mediterraneo e le aree emerse ad esso circostanti sono il risultato di una complessa vicenda geologica che può essere fatta risalire almeno alla fine del Paleozoico.
La presenza di strutture formatesi a seguito di più orogenesi, da quella ercinica all’orogenesi alpina ancora in atto (unitamente a quella cimmeride, interposta tra le due, per le porzioni orientali dell’area circum-mediterranea) porta alla considerazione che l’area è oggetto delle forze che da alcune centinaia di milioni di anni stanno portando all’eliminazione della litosfera a crosta oceanica, interposta fra quelle a crosta continentale a sud (Africana e Araba) e quella a nord (Eurasiatica).

Tale litosfera, ampia originariamente almeno quanto l’attuale Atlantico, viene subdotta al di sotto di quelle continentali più spesse e meno dense ed assimilata all’interno del mantello astenosferico. L’eliminazione di crosta oceanica, però, come previsto dalla “Plate Tectonics”, ha portato alla nascita di bacini di retroarco che generano nuovi bacini oceanici, progressivamente più ristretti dei bacini andati in subduzione; ciò fa si che, malgrado il lungo tempo trascorso, il bacino oceanico originario non sia ancora completamente scomparso e, quindi, le masse continentali al bordo non si siano saldate.

La complessità della vicenda può essere schematizzata dalla situazione paleogeografica nei due momenti dell’evoluzione geodinamica dell’area circum-mediterranea rappresentati in figura 9.1.
La situazione a -35 Ma (milioni di anni) indica la forte riduzione dell’estensione dei bacini oceanici tetidei rispetto a quelli esistenti a -84 Ma. Uno di questi ultimi è completamente suturato in corrispondenza della catena alpino-dinaride.
Se si raffronta la situazione a -35 Ma con quella odierna si può notare la suturazione, testimoniata dai complessi ofiolitici traccianti le zone di collisione, dei bacini i cui sedimenti corrugati si rinvengono nelle catene degli Zagros, del Caucaso, delle Pontidi, Magrebide e dell’Atlante nordafricano.
Ma proprio da tale raffronto emerge, come detto, che l’eliminazione dei bacini oceanici (tetidei in questo caso) non è stata completa, sia perché dalle collisioni dell’orogenesi alpina si è preservato il bacino ionico-mediterraneo orientale (costituito da un residuo di crosta oceanica della Tetide giurassica ormai fredda e densa), sia perché si sono formati bacini di retroarco, quali il bacino balearico, (con crosta oceanica non ancora fredda) e quelli del Tirreno e dello Ionio, nei quali la crosta oceanica è addirittura in formazione e quindi calda e meno densa (per il Tirreno, nel settore SE).

L’area circum-mediterranea ha, pertanto, corpi di varia natura (continentali ed oceanici), di differente età e temperatura e con reologia (e quindi con comportamento meccanico) anche completamente diverso tra loro; se si considerano anche le differenze tra i cinematismi (da corpi che si muovono con velocità di 1-2 cm/anno come Africa e Arabia a quelli che sono stabili come la placca eurasiatica) e la presenza di alti del mantello, che costituiscono forti ostacoli al movimento delle placche (duomi balearico, tirrenico, pannonico, egeo e del Mar Nero), ne deriva una elevata complessità della distribuzione degli sforzi in atto che non risulterebbe facilmente intelligibile senza la definizione di un quadro cinematico-deformativo d’insieme come quello indicato in figura 9.2.

Tale quadro è caratterizzato dai seguenti elementi cinematici e reologici:
- il cratone europeo (Eurasia) stabile;
- la placca africana che si muove circa verso nord ad una velocità intorno al cm/anno; (solidalmente ad essa si muove nella stessa direzione e velocità la Sicilia, il bacino ionico e quello adriatico, pianura padana compresa);
- la placca araba che dal Miocene superiore si è separata dall’Africa e si muove verso N
con velocità doppia di quella africana (dalla quale è separata dal Mar Rosso e dalla trascorrente sinistra del Mar Morto);
- la microplacca turca che si muove verso W lungo gli svincoli della North Anatolian Fault,
a nord, e della East Anatolian Fault, a sud-est;
- l’astenosfera dei bacini oceanici di retroarco Balearico (inattivo dalla fine del Miocene),
tirrenico (attivo nella sua porzione SE) ed Egeo (bacino di retroarco attivo) che si oppongono in maggior o minor misura ai movimenti verso N rispettivamente del bordo settentrionale dell’Africa e della Sicilia;
- l’astenosfera del bacino semi-oceanico del M. Nero che si oppone a quello della
microplacca turca consentendone lo svincolo verso W;
- il duomo astenosferico Pannonico che ha guidato il drappeggio ad arco dei Carpazi;
- il duomo astenosferico del Tirreno che si espande verso il bacino ionico il cui “slab”, per
effetto sia del movimento verso N della placca africana alla quale è solidale, sia del suo
peso e soprattutto di detta espansione, va in subduzione al di sotto dell’Appennino calabro e si immerge nel mantello astenosferico sud-tirrenico.

Nello schema di figura 9.2 è riportato il limite delle placche principali, la posizione e l’età dei corpi a diversa reologia ad esse interposti, unitamente alle zone di deformazione “recenti” pliopleistoceniche che sottolineano le zone di contatto attivo tra i vari corpi in deformazione.
Coerentemente al quadro cinematico/reologico la distribuzione dei terremoti nella carta di figura 9.3 ricalca le zone in deformazione con l’esclusione di quelle ad alto flusso termico dove la temperatura delle rocce è tale per cui non si ha accumulo di stress e quindi non si ha rilascio di terremoti (Egeo, Tirreno, Bacino Pannonico, Mar Nero...).


9.4.2 Cinematica e sismicità dell’area italiana

In figura 9.4 è illustrata la situazione italiana con la messa in evidenza del ruolo cinematico dei corpi astenosferici del Tirreno che nella risalita, cui si affianca una forte espansione termodinamica, premono sulle aree circostanti.

Le frecce indicano le direzioni prevalenti di espansione legate evidentemente a zone di minore resistenza come il bacino a crosta oceanica fredda e densa (che, quindi va facilmente in subduzione) dello Ionio. Nella figura in esame si vedono bene anche le zone in cui la Moho si deforma approfondendosi sotto la spinta (e il peso) del duomo astenosferico tirrenico, con particolare riguardo per la parte sud-orientale.
Ormai praticamente esaurita l’espansione per effetto termico della porzione più vecchia (Mioc. Sup) del duomo astenosferico indicata con (1), che ha anche avuto il tempo (circa 5 milioni di anni) per scaldare le rocce continentali del bordo tosco-laziale, resta fortemente attiva l’espansione del settore centro-meridionale dello stesso, facilitata dalla “cedibilità” e “ricettività” della litosfera ionica.
Considerata l’impossibilità di spostare il blocco sardo-corso, per la presenza a tergo del duomo astenosferico balearico, le deformazioni riguardano prevalentemente l’espansione del settore (2) verso SE.
Qui il duomo sud-tirrenico è anomalmente prossimo alla superficie e arriva a sormontare parzialmente la moho del settore settentrionale della Sicilia e di quello SW dell’Italia centromeridionale.
In corrispondenza dell’arco calabro il duomo sovrasta completamente tale superficie e aiuta lo “slab” ionico (anche sotto il suo peso e dietro la spinta della placca africana di cui è parte) ad immergersi completamente nell’astenosfera sud-tirrenica fino a profondità di 400-500 km.

In figura 9.5 è riportato lo stesso schema cinematico-strutturale unitamente ai terremoti con magnitudo > 5 che hanno interessato l’Italia centro-meridionale.
Dal raffronto si può vedere l’ottima corrispondenza tra le deformazioni crostali indotte
dall’espansione del duomo tirrenico e i rilasci sismici presenti a catalogo.
Si notino le diverse profondità dei terremoti che aumentano considerevolmente dall’arco calabro andando verso NW nel centro del Tirreno dove si incontrano nell’ordine (dal più recente al più vecchio) i vulcani sottomarini Marsili (v. figura 9.6), Vavilov e Magnaghi che sottolineano la vicinanza al fondo marino dei fusi magmatici connessi con la risalita del duomo astenosferico.

In figura 9.7 è riportato schematicamente l’assetto geologico-strutturale dell’Italia meridionale ripreso dagli studi condotti dell’Agip per le ricerche petrolifere e da quelli sulla crosta profonda condotti da CNR, Agip ed ENEL (da questa conferiti a SOGIN).
Nella sezione di figura 9.7, orientata circa W-E, si notano i rapporti tra la catena appenninica a falde che si accavalla, per rispondere essenzialmente all’espansione del duomo tirrenico sopra indicata, sulla piattaforma carbonatica apula (affiorante sulle Murge).
Il fronte più avanzato delle falde, che reca sul dorso i depositi miocenici di salgemma rinvenuti nel sottosuolo di Scanzano Jonico, è da almeno 600.000 anni fermo per il concentrarsi dei movimenti di impilamento della catena in posizione arretrata (estrusione di “thrust” in fuori sequenza evidenziati dalle superfici di scollamento che tagliano la superficie riportate sulla sinistra della sezione) e per il concentrarsi delle spinte connesse con l’espansione del duomo tirrenico in direzione SE (verso il centro del bacino ionico).
Nelle figure 9.8 e 9.9 sono riportate le valutazioni sulla pericolosità sismica dell’Italia centromeridionale del CNR-GNDT; in tali figure è importante notare l’elevata pericolosità dell’Irpinia (dove la catena a falde è raggiunta dalle dislocazioni connesse con l’oceanizzazione tirrenica e quelle transtensive sinistre che svincolano i movimenti verso lo Jonio) e dell’arco calabro direttamente coinvolto dall’espansione del lobo SE del duomo tirrenico.

Una pericolosità non trascurabile è presente in Sicilia ed in particolare in corrispondenza dei sui bordi settentrionale ed orientale, dove si concentrano rispettivamente gli “stress” indotti dal contrasto tra la spinta della Placca africana e il duomo tirrenico e quelli per la lacerazione lungo la scarpata di Malta dello “slab” jonico nel suo inarcamento al di sotto delle calabridi; lacerazione alla quale va probabilmente attribuita la causa del più forte terremoto storicamente noto in Italia, quello del 1683 di magnitudo 7,5.

Lo scuotimento atteso, infine, nel sito di Scanzano Jonico presenta valori molto modesti: come si ricava dalla figura 9.9 il sito ricade tra le aree italiane a minore pericolosità sismica avendo un’accelerazione di picco al suolo attesa compresa tra 0,08 e 012 g.
Per i siti nell’area di Enna, e più in generale per quelli della Sicilia, tenuto conto dello stato di “stress” in atto, non si può escludere nel lungo termine il rilascio di terremoti “random” (v. Belice) e sarebbe pertanto difficile da dimostrare la loro idoneità ad ospitare un deposito di tipo geologico per i rifiuti radioattivi ad alta attività e/o a a lunga vita.

Per quanto riguarda il sito di Neto (KR) questo è localizzato nelle vicinanze dei centri sismici più importanti dell’Italia meridionale dovuti, come detto, al particolare stato di “stress” cui è soggetta l’area, e pertanto viene escluso.


9.5 FASE 2 - Quarto livello di esclusione: stabilità geologica

Dall’esame degli elementi cinematici caratterizzanti le aree comprendenti i siti selezionati, ovvero
7. Assoro-Agira (En)
12. Salinella (En)
15. Resuttano (En)
43 Metaponto (Scanzano – Mt)

si rileva che i siti siciliani sono sottoposti ad un insieme di sollecitazioni per evoluzione geomorfologia e tettonica alquanto complesse e gravose, in grado di comprometterne, nel tempo, la stabilità geologica.
Oltre, infatti, alla tendenza ad un aumento dello stato di micro-fratturazione delle rocce, nei siti siciliani si rinvengono condizioni di evoluzione geomorfologia che favoriscono l’azione erosiva degli agenti esogeni (fenomeni atmosferici, dilavamento delle acque superficiali, etc.). Nella scala dei tempi previsti per un deposito di rifiuti di III categoria, lo spessore degli strati a protezione dei sottostanti depositi salini tende di conseguenza a ridursi, compromettendo la capacità complessiva del sistema di isolamento geologico. In Appendice 4 sono riportate la posizione e la stratigrafia dei siti siciliani di Assoro-Agira, Salinella e Resuttano.
Il complesso delle formazioni di copertura del giacimento salino di Scanzano Jonico è ben lontano dall’essere sottoposto all’azione demolitrice suddetta. Questa condizione potrà variare nel tempo in funzione dell’evoluzione geodinamica che interesserà l’area.
Una condizione di subsidenza dell’area o di innalzamento del livello marino accrescerà la distanza dalla biosfera del giacimento salino, a causa dell’accumulo di nuovi sedimenti al vertice degli strati protettivi del giacimento stesso.
Una ipotesi cautelativa di stasi geodinamica manterrà la situazione attuale di isolamento.


9.6 Individuazione finale del sito

Queste ultime considerazioni, unitamente a quelle espresse nel precedente paragrafo 9.4 in merito alla sismicità delle aree siciliane, hanno portato, pertanto, al convincimento che il sito di Metaponto-Scanzano Jonico e in particolare il deposito di salgemma rinvenuto nel sottosuolo del comune rappresenta, con riferimento alle assunzioni di cui in premessa, e allo stato attuale delle conoscenze, il sito più idoneo ad ospitare un Deposito Nazionale centralizzato unico per lo smaltimento:
– dei rifiuti radioattivi di medio/bassa attività;
– e, in una prospettiva di più lungo termine, a seguito dei positivi risultati della sperimentazione in un Laboratorio da realizzare all’interno dello stesso giacimento salino,
anche dei rifiuti ad alta attività e lunga vita media.

Le attività della Terza Fase della procedura di selezione del sito potranno confermare in via definitiva la scelta effettuata.


9.7 Bibliografia

1. APAT: Guida Tecnica n. 26 “Gestione dei Rifiuti Radioattivi”
2. SOGIN: Inventario dei materiali provenienti dalle centrali nucleari della SOGIN e destinati al
deposito nazionale per i rifiuti radioattivi (Aprile 2003)
3. Task Force ENEA per il Sito Nazionale: “Inventario Nazionale dei Rifiuti Radioattivi – 2000 -
3° edizione”
4. ENEA/NUCLECO: Caratterizzazione radiologica mediante spettrometria gamma in sito degli
impianti e laboratori ENEA (Dicembre 2000)
5. D.F. McGinnes and F. Bruno: Project Report 01-25 - ENEA Inventory Project 2001- Results
of Saluggia data analysis – NAGRA, August 2001
6. D.F. McGinnes and F. Bruno: Project Report 01-29 - ENEA Inventory Project 2001- Results
of Nucleco data analysis, Vol. 1 – NAGRA, October 2001
7. D.F. McGinnes and F. Bruno: Project Report 01-29 - ENEA Inventory Project 2001- Results
of Nucleco data analysis, Vol. 2 – NAGRA, October 2001
8. D.F. McGinnes and F. Bruno: Project Report 01-30 - ENEA Inventory Project 2001- Results
of Trisaia data analysis – NAGRA, November 2001
9. D.F. McGinnes and F. Bruno: Project Report 01-33 - ENEA Inventory Project 2001- Results
of Casaccia data analysis – NAGRA, November 2001
10. D.F. McGinnes and F. Bruno: Project Report 01-38 - ENEA Inventory Project 2001- Results
of CISAM, FIAT, FN and Ispra data analyses – NAGRA, December 2001
11. APAT: Inventario Nazionale dei Rifiuti Radioattivi (Gennaio 2003)
12. Rapporto del Gruppo di Lavoro sulle Condizioni per la Gestione in Sicurezza dei Rifiuti Radioattivi- Accordo Stato-Regioni del 4 novembre 1999- Conferenza Stato-Regioni, Gennaio 2001
13. IAEA Technical Report Series N. 389
14. U.S. NRC: NUREG CR-4101 “Assay of long lived radionuclides in low level wastes from
power reactors”, April 1985
15. EPRI NP 4037 Final Report “Radionuclide Correlations in low level radwaste”, June 1985
16. SF-STAT, “A computer code for deriving scaling factors for Difficult-to-Measure (DTM)
radionuclides in low level waste streams”.


 

 

9.8 Tabelle e figure


Tabella 9.1 – Servizio Geologico Nazionale. DEPOSITI SALINI – Caratteristiche generali (CNEN–EURATOM 022-76-9 WASI).       1/3
  2/3  3/3


Tabella 9.2 - Esclusione dei depositi salini italiani in base al primo livello d’esclusione.


Tabella 9.3 - Giacimenti risultanti dall’applicazione dei primi due livelli di esclusione.


Figura 9.1 - Paleogeografia dell’area mediterranea (in alto, 84 milioni di anni fa, e, in basso, 35 milioni di anni fa) da cui si vede la progressiva riduzione dei bacini oceanici interposti alle aree continentali, sia pure in un quadro strutturalmente alquanto complesso.


Figura 9.2 – Quadro cinematico-deformativo dell’area mediterranea.


Figura 9.3 – Cinematismi e sismicità dell’area mediterranea.


Figura 9.4 – Rapporto fra le deformazioni della moho (le curve sono delle isopache della crosta che corrispondono alla profondità della discontinuità di Mohorovicic o moho).


Figura 9.5 – Deformazioni crostali sotto la spinta dei duomi tirrenici e sismicità dell’Italia centro-meridionale.


Figura 9.6 – Espansione del lobo SE del duomo tirrenico verso il bacino jonico.


Figura 9.7 - Il vulcano sottomarino del Marsili visto da N.


Figura 9.8 – Rapporti catena a falde appenninica e avampaese apulo.


Figura 9.9 - Pericolosità sismica (Max Intensità attesa) da CNR-GNDT.


Figura 9.10 - Pericolosità sismica (Max accelerazioni attese) da CNR-GNDT.




 

 

 



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NORME
1. La scelta del sito per il deposito di rifiuti nucleari: dall' Enea alla Sogin
2. Scorie nucleari. Il Commissario e la Commissione
3. Il decreto-legge n. 314/03 e la legge di conversione n.368/03
4.
Accordi, norme e raccomandazioni internazionali che non sono state rispettate nella legge 368/03
5.
Risoluzione del Comitato delle Regioni (organo UE) n. 251 del 1998
6. Il Progetto europeo COMPAS
7. Riferimenti normativi in merito alla materia "rifiuti nucleari"
8. Guida Tecnica n. 26 - La gestione dei rifiuti radioattivi

9. Le Direttive Europee che disciplinano l’ accesso del pubblico all’ informazione ambientale
10. Il diritto alle informazioni e ai processi decisionali e le sue basi normative
 
 
QUESTIONE
        SCORIE ITALIA
1. La commissione parlamentare d' inchiesta Scalia
2. La Task Force Enea
3. L' Inventario   Nazionale dei Rifiuti Radioattivi - ENEA 2000
4. Il GIS (Sistema Informativo Geografico) della Task Force Enea
5. Il GIS (Sistema Informativo Geografico) del GSP3 - SITO
6. Carlo Jean, un Generale molto militare, poco nucleare...
7. I mille incarichi del prof. Paolo Togni - vice della Sogin e tanto altro...
8. La Sogin Spa e il nucleare in Italia
9. Le attività della Sogin
10. Il parere che Carlo Rubbia ha esposto in Parlamento
11.
Il parere degli esperti: J.K. Mitchell, B. De Vivo, P.Risoluti, T. Regge
12. Quali fattori per la scelta: scientifici? ...o forse politici?
13. Il referendum sul nucleare del 1987
14. Mappa degli attuali depositi di materiale radioattivo in Italia
15.
La situazione in Italia dei rifiuti radioattivi
16. Studio Sogin per la localizzazione del sito a Scanzano Ionico - relazione integrale
17. Studio Sogin per la localizzazione del sito a Scanzano Ionico - appendice finale
18. Workshop internazionale sul decommissioning degli impianti nucleari - Roma 2004
 
 
DOSSIER ITALIA
1. L' ecomafia dei rifiuti in Italia
2. Il traffico di materiale ferroso contaminato alle fonderie
3. Navi affondate e sospetti: i traffici di rifiuti pericolosi e radioattivi
4. La legge-delega sull'ambiente: effetti, personaggi, valutazioni
5. Il Ministro dell’Ambiente Matteoli: paralisi o no?

6. La costruzione del "sito unico": l'Impregilo e la B.N.L. in prima linea?
7. A Taranto una base USA per i sottomarini nucleari?
8. Il rischio attentati terroristici legati ai depositi di scorie radioattive
 
 
DOSSIER MONDO
1. La situazione in Europa dei rifiuti radioattivi
2. I depositi per lo smaltimento dei rifiuti nucleari nel mondo
3.
Il problema delle scorie radioattive in USA

4. Il problema delle scorie radioattive in Russia
5. L'impianto di Sellafield in Gran Bretagna per il trattamento di rifiuti nucleari
6.
Lo smantellamento degli arsenali nucleari, l' uranio altamente arricchito (HEU), il plutonio e il mox
7. Il costo per la conservazione e lo smaltimento definitivo del materiale radioattivo
 
 
PROGETTI
        SPERIMENTALI
        E ALTERNATIVI
1. Lo smaltimento sotto i fondali marini
2.
La "trasmutazione" dei nuclei radioattivi a vita media-lunga in elementi stabili e il "motore" di Rubbia

3. Il Sole come discarica per le scorie nucleari
4. L'uso civile e bellico dell' uranio impoverito (il "prodotto di scarto")
5. Il batterio che ripulisce dalla radioattività
 

 


 

   

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