La mappa degli attuali
depositi temporanei di materiale radioattivo in Italia
Secondo i dati
forniti dal generale Carlo Jean alla commissione ambiente della Camera,
in Italia ci sono circa 60.000 metri cubi di rifiuti radioattivi di
seconda e terza categoria, ai quali vanno aggiunte 298,5 tonnellate di
combustibile irraggiato. Le centrali nucleari italiane (chiuse dopo
il referendum del 1987) hanno prodotto 55 mila metri cubi di scorie.
Ma la verità è che più che chiuse le centrali sono in stato di «custodia
protetta passiva», dunque continuano a produrre ogni anno una certa
quantità di rifiuti radioattivi. A questi vanno aggiunti altri 2 mila
metri cubi di rifiuti radioattivi, di origine medica e sanitaria, o
creati durante le attività di ricerca o simili, e poi rottami
metallici, vecchi quadranti luminescenti, parafulmini. E inoltre è
bene ricordare che ospedali e aziende producono ogni anno 500 tonnellate
di nuove scorie. [1]
Secondo i dati
raccolti dal Servizio di prevenzione sanitaria della Regione Lombardia,
ad esempio, in un solo anno (tra il giugno 1997 e il giugno 1998) le
aziende sanitarie lombarde hanno rilevato più di 100 carichi di rottami
metallici radiocontaminati, quasi tutti in provincia di Brescia,
evidentemente sfuggiti ai controlli doganali. Nel 55% dei casi l'oggetto
radioattivo era costituito da materiale metallico radiocontaminato, nel
17% dei casi da vere sorgenti radioattive e nel 18% dei casi da
quadranti di strumenti. In alcune sporadiche occasioni sono stati
ritrovati parafulmini radioattivi e rilevatori di fumo
C’è poi un ulteriore quantità di materiale radioattivo su cui si
hanno poche informazioni, quello proveniente dai traffici illeciti.
Il rapporto di Legambiente ricorda che nel periodo 1996-1998, in
particolare, risultavano entrati 2 milioni e 260mila tonnellate di
rottami ferrosi attraverso i valichi ferroviari di Gorizia e Villa
Opicina e quello stradale di Valico Sant'Andrea, lungo la frontiera
orientale italiana: oltre 15mila tonnellate sono risultate radioattive e
rispedite oltre confine. [2]
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In dettaglio ecco le tutte le "installazioni nucleari italiane": stato attuale, rifiuti radioattivi
e combustibile irraggiato in stoccaggio (rapporto del
Ministero dell'Industria, del Commercio e
dell'Artigianato
- 14 dicembre 1999)
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Brevi cenni sulla
situazione attuale
e mappa geografica degli attuali depositi temporanei di materiale
radioattivo in Italia
B. Brevi cenni sulla situazione
attuale e mappa geografica degli attuali depositi temporanei di
materiale radioattivo in Italia
(per ingrandire la mappa clicca sull' immagine)
Tra tutti
questi siti, quello
che ne ospita la quantità maggiore è alle porte di Roma, presso la Nucleco a Casaccia (sono presenti rifiuti radioattivi della prima
categoria, perciò a bassa radioattività),
tuttavia i
rifiuti con più alta radioattività sono concentrati nel sito di Saluggia.
A queste si sommano circa 6 mila metri cubi (già cementati in
cassoni o vetrificati in contenitori) che devono tornare dall'impianto
di Sellafield in Gran Bretagna. Si tratta per la maggior parte di
rifiuti a bassa attività che dovremo riprendere. [3]
Al Centro Enea di Rotondella, conosciuto anche come «Trisaia» (in
provincia di Matera), a quasi trent’anni dall'avvio del programma si
trovano ancora 2,3 metri cubi di rifiuti liquidi mai solidificati
nonostante le ripetute richieste degli organi competenti. I rifiuti,
oltretutto, sono contenuti in strutture metalliche di acciaio e carbonio
che ormai non sono più in grado di garantire la tenuta. Il centro di
Trisaia ospita anche 64 elementi di combustibile irraggiato, attualmente
sospesi in una piscina di stoccaggio, circa 3 metri cubi di prodotto
fissile e fertile (uranio e torio), 14 container di rifiuti biomedicali;
dagli anni Sessanta è la sede dell’unico cimitero di rifiuti nucleari
esistente in Italia, quattro fosse in cui sono stati accumulati rifiuti
solidi radioattivi ad alta attività (pari a circa 100 curie) contenenti
cobalto 60, Cesio ed altri radionuclidi. I rifiuti sono stati
cementificati e le fosse ricoperte con uno strato di bitume.
Durante l’attività le centrali nucleari hanno prodotto 1916 tonnellate
di combustibile esausto, 328 delle quali sono ancora stoccate in Italia
presso gli impianti di Caorso e Trino e la vasca del
reattore di ricerca Avogadro a Saluggia. Quello di Saluggia è un
deposito particolarmente a rischio, si trova sulle sponde della Dora
Baltea, a due chilometri dalla confluenza con il Po, sopra le più
importanti falde acquifere del Piemonte: nessuno può immaginare che cosa
può accadere in caso di alluvione. Ci sono poi la centrale del
Garigliano in provincia di Caserta dove è in funzione un impianto
per il recupero e la solidificazione di liquidi e fanghi prodotti in
passato e stoccati, e quello di Casaccia nel Lazio dove opera un
impianto per l'estrazione di particelle alfa dei rifiuti del plutonio in
modo da diminuirne la radioattività.
Coperte da segreto militare sono tutte le informazioni sulla centrale
nucleare della base di Pisa, ma è presumibile che rifiuti siano
conservati anche lì. [2]
per
conoscere la situazione in Italia dei rifiuti radioattivi (organi
competenti, problemi e soluzioni)
il rischio
attentati terroristici legati ai depositi di scorie radioattive
l' "Inventario Nazionale dei Rifiuti Radioattivi - ENEA 2000"
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